
Recensione Homecoming stagione 1: la serie di Prime Video con Julia Roberts che vuole raccontare una storia, e lo fa con eleganza e ferocia.
Homecoming ĆØ una delle ultime serie tv rilasciate dal servizio streaming Amazon Prime Video. In Italia attualmente ĆØ disponibile solo in inglese, con i sottotitoli in italiano, per l’audio in italiano bisognerĆ aspettare il 2019 (seguiteci ve lo faremo sapere, abbiamo anche una newsletter).Ā Recensione Homecoming stagione 1
Homecoming stagione 1: trama e cast
Protagonista di Homecoming ĆØ Julia Roberts che interpreta la psicologaĀ Heidi Bergman. Che viene assunta al “Homecoming Transitional Support Center“, una struttura che fa capo al gruppo GeistĀ che ha l’obiettivo di aiutareĀ soldati a passare dalla vita militare a quella civile.
Quattro anni dopo la vita di Heidi ĆØ cambiata, ĆØ tornata a vivere con la madre (Sissy Spacek) e lavora come cameriera di un locale della loro cittadina. Quando un funzionario del dipartimento della difesa la rintraccia per farle domande sul suo precedente lavoro all’Homecoming, Heidi inizia a realizzare che cāĆØ tutta una storia più complessa rispetto a quella cui si ĆØ convinta di credere.
Homecoming ĆØ composta da 10 episodi della durata di 30 minuti (tutti diretti da Sam Esmail di Mr. Robot). E’ basata su un podcast molto popolare negli USA creato da Eli Horowitz e Micah Bloomber. Nel cast troviamo ancheĀ Jeremy Allen White, Alex Karpovsky, Dermot Mulroney, Bobby Cannavale.
Recensione Homecoming stagione 1: il nostro commento
Homecoming ĆØ una serie tv cosƬ pensata in ogni minimo dettaglio che ĆØ difficile trovare un difetto. Parte da un formato inusuale per un drama, quello dei 30 minuti che per la storia che hanno raccontato ĆØ perfetto. Tutto ĆØ dosato e niente ĆØ eccessivo, anzi questo formato ĆØ uno dei punti di forza di Homecoming. E’ una serie tv che gioca molto sulla paura dell’uomo verso il “sistema”, quell’entitĆ indefinita di cui si dubita e che usa le persone per scopi personali.
E in Homecoming Julia Roberts ĆØ una donna che senza saperlo si ritrova sfruttata da questo “sistema”. Un marchio di fabbrica per Sam Esmail che sembra attratto da questo tipo di serie, anche se qui era solo regista.
Una regia che parla allo spettatore, che racconta ogni minimo spazio e angolino di ogni stanza, e che accompagna la protagonista ovunque. Una regia che poi diventa anche parte della trama, quando attraverso l’inquadratura avrete la risposta ad una domanda che sicuramente vi siete posti giĆ dal primo episodio. Quindi,Ā Homecoming ĆØ quella serie che nell’era della peak tv non emerge, se non per il nome della Roberts. Ma che merita di essere vista, come qualsiasi altra serie di alto livello che vuole raccontare una storia e la raccontaĀ entrando nelle nostre case, lasciando il segno e andandosene in punta di piedi.
Davide Allegra – Voto 9
Un inquietante thriller psicologico e claustrofobico, racchiuso nei limiti della mente umana.
Cos’ĆØ l’Homecoming? Cosa ĆØ successo a Heidi, passata da terapeuta a cameriera nella sua cittĆ natale?
Homecoming ĆØ una serie tv che nasce da un podcast, racconti audio che tanto successo hanno ultimamente negli Stati Uniti. Attraverso la forza delle parole il podcast deve restituire al proprio ascoltatore immagini reali e realistiche, impedendo che fattori esterni lo possano distrarre. Sam Esmail ĆØ riuscito con la sua regia ad affiancare l’immagine alla parola: i dialoghi sono fondamentali, i momenti in cui la voce dei pazienti risulta distorta come in una registrazione servono a restituire l’effetto podcast, ma ĆØ l’immagine a scandire il ritmo della serie. Una regia presente, importante e fondamentale per Homecoming che non sarebbe la stessa con un’altra mano alla guida. Fino al limite che la divisione tra inquadratura larga e stretta dei due momenti in cui la serie tv ĆØ ambientata, finiscono per avere un significato all’interno della storia al punto da non poter essere spiegati senza costituire uno spoiler.
Una serie tv che, quindi, va vista. Punto fondamentale sia della crescita dell’universo seriale ma anche emblema della differenza abissale che al momento intercorre tra Netflix e Amazon con la prima sempre più tesa a inseguire e sostituire le vecchie tv generaliste e la seconda che guarda al modello cable d’autore.
Apparentemente sottovalutato, non posso chiudere questo commento a Homecoming senza citare Bobby Cannavale. Un attore che probabilmente funziona meglio da comprimario piuttosto che da protagonista (vedi il flop Vynil) che qui regala una prestazione monumentale con un monologo, nell’ottavo episodio, cinico, brutale e per questo perfetto. Il Colin di Cannavale ĆØ un uomo che insegue il potere, fatica per averlo e mantenerlo. Ingranaggio di una multinazionale prova in ogni modo a non finirne schiacciato ma la sua paura di perdere quanto ottenuto nella vita, sarĆ la sua più grossa rovina. Vittima consapevole, disposto a tutto per la sete di potere, ĆØ il funzionario che non dice mai di no, che sotterra la propria morale e la nasconde dietro l’atteggiamento baldanzoso, simpatico e alla mano. Ha ceduto la propria anima al diavolo e non fa nulla per nasconderlo.
Riccardo Cristilli – Voto 10-