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60 minuti, la gamification dell’esperienza film – Recensione dell’action tedesco su Netflix

Ha fatto molto dibattere la dichiarazione di Willem Dafoe, che ha spiegato come secondo lui lo streaming ci renda meno pronti ad impegnarci in film che richiedono una certa attenzione, e ci renda invece più propensi alla pigrizia e al puro intrattenimento. Proverebbe questa teoria 60 minuti, film made in Netflix prodotto e scritto da Philip Koch e diretto da Oliver Kienle. Rapido e d’intrattenimento, ha alte probabilità di finire nella Top Ten di Netflix. Con un ma.

60 minuti, la missione di un videogioco

Il lottatore di arti marziali miste Octavio si sta preparando a un incontro importante. Deve vincere in fretta, perché nello stesso giorno c’è anche la festa di compleanno di sua figlia, a cui non può proprio mancare. Lui e la madre della bambina, infatti, non sono in buoni rapporti, e se continua a mancare gli appuntamenti perderà il diritto di vederla. L’incontro, però, viene rimandato a più riprese. Alla fine, dopo l’ennesima minaccia della ex fidanzata, Octavio decide di mollare tutto e di correre da lei: ha solo 60 minuti per presentarsi. Quello che non sa, però, è che l’incontro era truccato, e adesso la sua defezione improvvisa rischia di fare perdere molti soldi a persone molto ma molto senza scrupoli, che non esitano un secondo a mettersi al suo inseguimento attraverso una Berlino fatta di bassifondi e di cunicoli.

Una botta di adrenalina che passa in fretta

Questo non è un film, questa è la missione difficile di un videogioco tipo GTA San Andreas. Stessa profondità, stessa adrenalina. Abbiamo davanti un film rapido, facile, veloce, che fa salire la tensione alle stelle. Si tratta però di un abbaglio. Se i personaggi sono a malapena abbozzati, come facciamo a stare in tensione per loro? Il gioco si è rotto, e 60 minuti perde di ogni attrattiva (o quasi). Abbiamo di fronte un esempio estremo di gamification dell’esperienza cinema, con tanto di grafiche in sovrimpressione che ci segnalano il tempo che passa, nemici che si aggiungono a ogni angolo, schermo diviso in due e messaggi in sovrimpressione. C’è tutto, tranne un personaggio. Il risultato è giocattoloso e dimenticabile, la scena finale ruffiana (ma carina).

Il cast

Emilio Sakraya è Octavio Bergmann, lottatore molto determinato e praticamente indistruttibile (o quasi). Dennis Mojen è Paul Lehmann, suo amico e compagno nel mondo della lotta. Nel cast anche Marie Mouroum (Cosima) e Florian Schmidtke (Winkler).

60 minuti, la gamification dell'esperienza film - Recensione dell'action tedesco su Netflix

La recensione

Questo non è un film, questa è la missione difficile di un videogioco tipo GTA San Andreas. Stessa profondità, stessa adrenalina. Abbiamo davanti un film rapido, facile, veloce, che fa salire la tensione alle stelle. Si tratta però di un abbaglio. Se i personaggi sono a malapena abbozzati, come facciamo a stare in tensione per loro? Il gioco si è rotto, e 60 minuti perde di ogni attrattiva (o quasi). Abbiamo di fronte un esempio estremo di gamification dell’esperienza cinema, con tanto di grafiche in sovrimpressione che ci segnalano il tempo che passa, nemici che si aggiungono a ogni angolo, schermo diviso in due e messaggi in sovrimpressione. C’è tutto, tranne un personaggio. Il risultato è giocattoloso e dimenticabile, la scena finale ruffiana (ma carina).

Voto:

5/10
5/10