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Animali Selvatici, o l’ora buia della razza umana – La recensione del film al cinema

Bisogna avere fegato, per affrontare la realtà in cui viviamo, con tutte le sue ottuse oscurità. Bisogna avere ancora più fegato per metterla in un film, cogliendone tutti i particolari e le sfumature più bieche. Se avete voglia di perdere quel briciolo di fiducia nelle persone che avete faticosamente guadagnato, e magari di arrabbiarvi anche un po’, Animali Selvatici è quello che fa per voi.

Al cinema a partire dal 6 luglio distribuito da Bim Film, ha partecipato in concorso al Festival di Cannes ed è diretto dal regista romeno Cristian Mungiu, che della manifestazione cinemaografica è una vecchia conoscenza e da cui è stato premiato nel 2002 con il suo film d’esordio, intitolato Occident. Animali Selvatici è prodotto e scritto dallo stesso Mungiu. Solo per i forti di fegato.

Animali Selvatici, la trama

Un uomo torna a casa in Transilvania dalla Germania. É preoccupato per il figlio, che da quando ha visto qualcosa di spaventoso che non vuole rivelare nel bosco non parla, e ha perso il lavoro per uno scatto d’ira. Tornato nel suo villaggio sotto Natale, ne osserva i cambiamenti (pochi) e le lotte interne (molte). Un’azienda locale, l’unica, che produce e distribuisce pane ha bisogno i lavoratori per richiedere dei fondi europei. Nessuno del luogo vuole lavorare lì a causa dei salari minimi. Allora, vengono fatti arrivare nel villaggio dei lavoratori stranieri.

Ai problemi sociali (le lotte intestine tra romeni e rom, la scontentezza nei confronti dell’Unione Europea, il razzismo spietato nei confronti degli operai cingalesi appena arrivati) si aggiungono quelli relazionali. Il protagonista è in rotta con la moglie, e intrattiene una relazione extraconiugale con la manager della suddetta fabbrica di pane. Alla fine, i conflitti esplodono, e il finale è enigmatico e oscuro.

Animali Selvatici, l’umanità è insalvabile? – La recensione

Alla base di questa pellicola c’è, sicuramente, la descrizione puntuale e sentita di una situazione molto specifica. Quella del villaggio della Transilvania e delle sue mille spinte interne. Ben presto, però lo sguardo si allarga alle diverse tipologie umane, a come le logiche del capitalismo si intersecano con quelle del razzismo, dell’intolleranza, della paura di una comunità chiusa che pensa di trovare la propria forza in questa chiusura ma che in realtà si sta lentamente decimando da sola. Queste persone, i veri animali selvatici, trovano conforto e comunità nell’odio. Che sia per gli uomini cingalesi, per i rom, o per l’EU non importa. Basta che si sia d’accordo su almeno uno di questi punti. E anche chi si batte per l’integrazione lo fa o perché è esterno alla comunità e non può capire (e anche se bianco in ogni caso verrà presto rigettato) o perché ha bisogno di forza lavoro per mandare avanti la fabbrica.

Nel mezzo ci sono loro: gli ignavi, gli inetti, come il nostro protagonista, che si trova meglio ad annuire a quello che dicono i suoi amici, perché di fare altro non gli importa, perché ha cose più urgenti a cui pensare. A lui importa solo del figlio, del padre e dell’amante, che anche se si trova nella fazione avversa alla sua non riesce a smettere di tenergli la mano. La scena dell’assemblea farebbe bollire il sangue pure a un monaco tibetano, ma fa un lavoro eccellente nel descrivere alcuni meccanismi che vediamo sempre di più attorno a noi. Questa visione così cinica potrebbe essere difficile da sopportare, e lo è, soprattutto se la si universalizza. Animali Selvatici è un film ben fatto ma buio, rabbioso, che gioca su una tensione esagerata e che lascia l’amaro in bocca. A vostro rischio e pericolo.

Il cast

Marin Grigore è Matthias, il nostro silenzioso e ignavo protagonista, troppo concentrato sulla sua famiglia per avere tempo e voglia di lottare per altro. Judith State è Csilla, la manager del panificio e amante di Matthias. Macrina Barladeanu è Ana, la moglie di lui. Rudi, il figlio silenzioso, è interpretato da Mark Blenyesi.

La recensione

Animali Selvatici è un film ben fatto ma buio, rabbioso, che gioca su una tensione esagerata e che lascia l’amaro in bocca.Alla base di questa pellicola c’è, sicuramente, la descrizione puntuale e sentita di una situazione molto specifica. Quella del villaggio della Transilvania e delle sue mille spinte interne. Ben presto, però lo sguardo si allarga alle diverse tipologie umane, a come le logiche del capitalismo si intersecano con quelle del razzismo, dell’intolleranza, della paura di una comunità chiusa che pensa di trovare la propria forza in questa chiusura ma che in realtà si sta lentamente decimando da sola. Queste persone, i veri animali selvatici, trovano conforto e comunità nell’odio.

Voto:

7/10
7/10