Su Netflix è arrivata Black Rabbit, miniserie in otto puntate che sicuramente attirerà milioni di spettatori in tutto il mondo complice la presenza di Jude Law e Jason Bateman, ma anche l’idea di aver trovato l’ennesima miniserie d’autore che si vede abbastanza rapidamente e per cui non c’è bisogno di aspettare per avere nuove puntate. Un aspetto, quest’ultimo, che sembra esser diventato un tormento per il moderno spettatore seriale, ormai incapace di aspettare mesi per nuove puntate, ma che dico di aspettare una settimana per quella successiva.
Ma Black Rabbit non è altro che un prodotto da inserire nello scaffale serie tv dark d’autore, quelle costruite per puntare agli Emmy e ai Golden Globe ma che alla fine, proprio perché ci provano fin troppo, finiscono per non raggiungere l’obiettivo. Perché risultano un compitino freddo e senz’anima. Black Rabbit appare la copia di Ozark che a sua volta voleva essere la copia di Breaking Bad e True Detective. Una serie tv che nasce per derivazione, con l’obiettivo specifico di occupare quello spazio all’interno del panorama seriale. A questa miniserie manca il guizzo, quel qualcosa che le consenta di spiccare rispetto agli altri.
La sensazione, guardandola, è l’assenza di un’idea originale, con un grande miscuglio di temi che già sono passati davanti a noi, eroi e antieroi che già conosciamo e di cui forse oggi non ce n’è più bisogno. Nessuno nega che Jude Law offra un’interpretazione convincente, che la regia di Laura Linney e Jason Bateman siano convincenti offrendo atmosfere cupe, tensione continua, ricostruendo visivamente l’immagine di una New York oscura, magnetica, in cui la ricerca dell’esperienza esclusiva prevale sulla voglia di vivere. Ma al contempo Bateman sembra fuori-parte interpretando il fratello degenere Vince, poco convincente nel ruolo del disperato all’ultima spiaggia. Non basta una barba lunga (posticcia?) a rendere la disperazione umana di chi ha visto sfumare i propri sogni da sotto la terra e invidia sempre il successo degli altri.
Quando si arriva al punto che queste tipologie di serie o miniserie diventano convenzionali, verrebbe da fare una domanda a chi le realizza: perché? Le miniserie non avendo quel lungo respiro che porta all’abitudine, alla familiarità con i personaggi, hanno (o avrebbero) bisogno di avere un’idea vincente e convincente, di avere uno spunto di interesse che le renda uniche o particolari (come è stato per Adolescence, come è stato The Penguin). Altrimenti sarebbe meglio fare un film così da sfrondare i tanti passaggi inutili solo per occupare 8 ore.

Black Rabbit, la trama qual è?
Ambientata nella frenetica scena notturna di New York, Black Rabbit racconta la storia di due fratelli spinti al limite dal loro dovere verso la famiglia e dalla ricerca del successo. Jake Friedken (Jude Law) è il carismatico proprietario del Black Rabbit, un ristorante e locale per VIP destinato a diventare il posto più alla moda in città. Ma quando suo fratello Vince (Jason Bateman) rientra inaspettatamente a far parte dell’attività, i problemi non tardano ad arrivare, riaprendo vecchie ferite e creando nuovi pericoli che minacciano di distruggere tutto ciò che hanno costruito. Black Rabbit è un thriller avvincente che esplora come il legame indissolubile tra due fratelli possa distruggere il loro mondo e tutto ciò che lo circonda.
Il cast
La serie è ideata e prodotta da Zach Baylin e Kate Susman per Youngblood Pictures.
- Jude Law è Jake Friedken
- Jason Bateman è Vince Friedken
- Cleopatra Coleman è Estelle
- Amaka Okafor è Roxie
- Sope Dirisu è Wes
- Dagmara Domińczyk è Val
- Chris Coy è Babbit
- Troy Kotsur è Joe Mancuso
- Abbey Lee è Anna
- Odessa Young è Gen
- Robin de Jesús è Tony
- Amir Malaklou è Naveen
- Don Harvey è Matt
Summary
Black Rabbit è una miniserie che ricalca formule e schemi già visti e non brilla, senza uno spunto davvero convincente.
Voto:
5.5/10