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La Caduta della Casa degli Usher: quando Succession incontra l’horror – La recensione

Cosa succederebbe se i Roy di Succession si incontrassero con Edgar Allan Poe? La risposta prova a darla Mike Flanagan con la sua ennesima miniserie horror per Netflix, La Caduta della Casa degli Usher disponibile da giovedì 12 ottobre su Netflix. Dimenticate le tinte cupe e intimiste di The Hunting of Hill House, di Bly Manor o Midnight Mass, in questa sua nuova serie horror è tutto più esplicito, fragoroso, dirompente.

Mike Flanagan aspira alla Top Ten di Netflix con un prodotto dalle tinte maggiormente popolari, di più rapido impatto ma non per questo di minore profondità. Una spietata analisi sul capitalismo americano che come un caterpillar distrugge ogni cosa che incontra senza pensare alle conseguenze, finché queste conseguenze non presentano il conto. L’ennesima denuncia della crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, con il profitto delle case farmaceutiche fatto sulle spalle della povera gente.

Roderick e Madeline Usher gestiscono un impero costruito su una pillola che crea dipendenza. Li incontriamo mentre sono a processo per rispondere delle tante morti causate da un farmaco che dovrebbe porre fine al dolore ma ne crea soltanto altro. Quando improvvisamente nell’arco di pochi giorni i figli di Roderick, quelli di primo letto e gli altri avuti con altre donne e apparsi nel tempo alla porta degli Usher, anche loro dovranno fare i conti con il dolore.

La serie salta continuamente attraverso diversi piani temporali, dal presente rappresentato dal dialogo tra Roderick Usher e il procuratore Dulpin, fino all’infanzia dei due fratelli Usher, in un continuo salto tra le varie epoche e una struttura episodica che rende tutto lineare (e fin troppo prevedibile a dire il vero). Si susseguono i colpi di scena e le scoperte, come è inevitabile che sia, per mantenere viva l’attenzione. I vari Usher incarnano i perfetti stereotipi delle storie di ricche famiglie capitaliste, dagli anziani saggi che hanno costruito l’impero con sudore, sagacia e fatica, ai figli dissoluti cresciuti nella bambagia fino ai nipoti saggi che si discostano dalle tracce dei padri.

Carla Gugino è purtroppo ormai incastrata nel ruolo dell’ambigua femme fatale, seducente e mefistofelica, spietata e provocante. Bruce Greenwood, subentrato in corsa dopo il licenziamento di Frank Langella accusato di comportamenti inappropriati, dimostra di essere un bravo attore spesso sottovalutato. Certo si è passati da un attore 84enne a uno di 67 anni e il vigore dell’età è inevitabilmente diverso, a beneficio di Greenwood e probabilmente della serie (anche se la controprova non esiste). Quasi irriconoscibile Mark Hamill nei panni dell’avvocato degli Usher, un risolutore disposto a tutto per la famiglia.

La Caduta della Casa degli Usher è una buona serie perfetta per il binge watching, curiosa al punto giusto anche se in alcuni momenti eccessivamente interessata a creare la scena giusta al momento giusto piuttosto che a raccontare una storia, al punto che finisce per non sorprendere lo spettatore più attento, capace di prevedere in anticipo la svolta successiva. Forse per Mike Flanagan sarebbe arrivato il momento di provare a uscire dalla comfort zone delle miniserie e di lanciarsi in una serialità più complessa.

La caduta della casa degli Usher

La caduta della casa degli Usher è una serie perfetta per il binge watching di un weekend si inizia il giovedì e per domenica è finita. Spinti dalla curiosità di andare avanti e di scoprire quello che succederà ai membri della famiglia Usher. Colorata, vivace, spinta, provocante è lontana dai prodotti precedenti di Flanagan. Un Succession che incontra l’horror con sullo sfondo ancora una volta la dipendenza dai farmaci e i cattivi dell’industria farmaceutica.

Voto:

7/10
7/10