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La zona d’interesse, un film importante che non guarderò mai più – La recensione

Iniziamo questa recensione mettendo le mani avanti: La zona d’interesse è un film difficile, è difficile scriverne ed è difficile guardarlo. Ma non per i motivi che vi aspettereste. Scritto e diretto da Jonathan Glazer, è liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, pubblicato in Italia Einaudi. Arriva nei cinema italiani il 22 febbraio, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection. Si tratta di una co-produzione tra Regno Unito e Polonia da parte di Film4, Access, Polish Film Institute, JW Films ed Extreme Emotions. A vostro rischio e pericolo.

La zona d’interesse, una vita normale?

Ci troviamo in Polonia, nel 1943. Rudolf Hoss e la sua famiglia (formata dalla moglie Hedwig e dai 4 figli) vivono una vita apparentemente normale. Tutti i giorni il capofamiglia si alza e va al lavoro. Tutti i giorni la moglie, assistita dalle domestiche, si occupa della casa, del giardino e dei bambini, prende il tè e il caffè con le amiche, acquista pellicce e gioielli, accoglie i colleghi del marito ed è molto fiera della sua piccola vita. L’unica differenza tra loro e una qualsiasi famiglia nucleare? Il muro del loro giardino confina con quello del campo di concentramento di Auschwitz, di cui Rudolf è il direttore.

Ma gli Hoss non ci fanno caso. Non notano (o hanno imparato a ignorare) il fumo nero, le urla e gli spari. Loro vogliono solo continuare la loro vita, il cui flusso viene interrotto quando Rudolf viene promosso, ed è obbligato a spostarsi. Hedwig però non è disposta a rinunciare alla sua vita in campagna, e rimane dov’è.

La banalità del male

Quando ho visto questo film al cinema alla fine della proiezione un ragazzo sconosciuto dietro di me, alzandosi nella sala buia, ha detto: “Ho il freddo dentro alle ossa”. Non si riferiva alla temperatura atmosferica, ma al film. La Zona d’interesse è una pellicola gelida, asettica, che ci fa soltanto vagamente intuire la violenza inaudita che stava succedendo in ogni istante al di là del muro alto, ornato di filo spinato, ma non ce la fa mai dimenticare. Lo è in maniera smaccata, voluta. Vuole farci sentire osservati, a disagio, impotenti.

Vuole farci riflettere sulla banalità e sulla normalità del male, sui suoi gesti quotidiani, sul suo attaccamento ridicolo alle cose minuscole, mentre fuori sta accadendo un fatto storico, di portata mondiale, che sceglierà chi sono stati i buoni e i cattivi e che se ne ricorderà per tanto tempo. Sul modo in cui filtra ovunque, anche nei comportamenti dei bambini. È efficacissima, e fa un certo effetto.

E tutto il resto

Secondo me, però, Glazer va oltre. Le sue riprese, fisse e asettiche, che vanno a creare scene lunghissime e che ci pongono nella posizione degli osservatori, vengono interrotte da scariche elettriche di scene in negativo, da inaspettati salti nel presente. Cosa vuol dire? Forse, il regista e sceneggiatore, oltre a metterci di fronte l’incontrovertibile banalità del male vuole anche farci riflettere sul mezzo stesso, sul cinema come finestra impotente e filtrata, disperatamente distante, su certi orrori, che avevamo promesso di non ripetere ma che adesso stiamo guardando succedere di nuovo, immobili.

Il cast

Christian Friedel è Rudolf Hoss, capofamiglia e militare in carriera. Debole di carattere ma molto bravo nel suo lavoro. Sandra Huller è la moglie, Hedwig, contenta della sua vita, che non vuole lasciare andare per nulla al mondo. Nel cast anche Ralph Herforth (Oswald Pohl), Daniel Holzberg (Gerhard Maurer) e Sascha Maaz (Arthur Liebehenschel).

La zona d'interesse, un film importante che non guarderò mai più - La recensione

La recensione

La Zona d’interesse è una pellicola gelida, asettica, che ci fa soltanto vagamente intuire la violenza inaudita che stava succedendo in ogni istante al di là del muro alto, ornato di filo spinato, ma non ce la fa mai dimenticare. Lo è in maniera smaccata, voluta. Vuole farci sentire osservati, a disagio, impotenti.

Voto:

8/10
8/10