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Missing, un passo interessante per gli screenlife movie – La recensione

Avete mai sentito parlare di screenlife o desktop film? Si tratta di un genere specifico, iniziato negli anni dieci del duemila, di racconto filmico in cui tutti gli eventi sono mostrati attraverso il computer, il tablet o lo smartphone. Com’è facile immaginare, guardare questo tipo di film, abituarsi al loro modo di raccontare e costruire la storia, può essere difficile. L’esperienza di fruizione cambia, ma è interessante osservare come, mentre internet cambia e si muove, anche il genere lo fa con lui. Missing, film del 2023 di produzione statunitense diretto dai debuttanti Will Merrick e Nick Johnson è l’esempio perfetto di questo genere.

Tratto da una storia scritta Sev Ohanian e Aneesh Chaganty, Missing è il sequel standalone di Searching (2018) e viene considerato anche collegato nelle modalità e negli intenti a Run (2020). Missing è stato presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival a gennaio ed è disponibile nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 9 marzo, prodotto da Sony Pictures e distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.

Missing, un thriller al computer

June Allen ha 18 anni, suo padre è morto quando lei era piccola ed è molto legata alla madre Grace, anche se ultimamente sembra sopportarla molto poco. Tra di loro da un po’ di tempo si è inserito Kevin, compagno della madre che June mal sopporta e che ha deciso di portare Grace in vacanza in Colombia proprio il giorno della Festa del Papà, che June ci tiene molto a passare con lei, in ricordo del padre defunto. Quando Grace e Kevin partono, la ragazza decide di scatenarsi con gli amici per tutto il weekend, organizzando proprio il giorno della dolorosa ricorrenza un enorme party a casa sua. Lunedì mattina, quando va a riprenderli in aeroporto, aspetta per ore, invano. La madre e il compagno sono scomparsi nel nulla.

June non si perde d’animo neanche per un secondo e con delle abilità stupefacenti e un grande aiuto da parte dei social, della cronologia e dei sistemi di localizzazione di Google inizia le sue indagini. L’ambasciata statunitense in Colombia non può esserle di grande aiuto, ritarda l’inizio delle indagini con formalità burocratiche. June trova un grande alleato in un lavoratore colombiano di nome Javier, a cui chiede a distanza tramite un apposito servizio una serie di commissioni legate all’indagine personale che sta conducendo. Alla fine, il mistero si rivelerà passo passo più fitto di quanto preventivato, e molte più persone di quelle che June pensava si sveleranno coinvolte in un disegno sconvolgente.

Missing, il potere spaventoso della contemporaneità

Bisogna sospendere un secondo l’incredulità. Bisogna non farsi troppe domande. Bisogna abituarsi, e in fretta, alle modalità del racconto che possono risultare stancanti, soprattutto tenendo in considerazione il fatto che molti di noi vanno al cinema dopo una giornata passata al lavoro, davanti al computer, quindi trovarsi un altro schermo davanti non è il massimo. Detto questo, il film funziona. Si tende, si stende, non demonizza il digitale in toto anzi ne mostra le capacità nel contesto di un’indagine che si scioglie e si annoda mille volte, lasciando allo spettatore la scelta: esserne ammirato o inquietato? Non è la sceneggiatura già solida del reame, ma crea un buon pathos e una buona tensione. Carina la storia parallela del simpatico e utile Javier, la riflessione sui rapporti tra figli e genitori.

Il trailer

Il cast

Storm Reid è June Allen, diciottenne che decide di indagare sulla sparizione internazionale della madre da sola, armata solo di una connessione. Ava Zaria Lee è June da piccola, nei filmati col padre scomparso. Joaquim de Almeida è Javier, fattorino che aiuta June direttamente dalla Colombia. Ken Leung è Kevin, compagno della madre che presto rivelerà un passato fosco. Amy Landecker è Heather, avvocato della madre e amica di famiglia. Megan Suri è Veena, la migliore amica di June.

La recensione

Missing funziona. Si tende, si stende, non demonizza il digitale in toto anzi ne mostra le capacità nel contesto di un’indagine che si scioglie e si annoda mille volte, lasciando allo spettatore la scelta: esserne ammirato o inquietato? Non è la sceneggiatura già solida del reame, ma crea un buon pathos e una buona tensione.

Voto:

7/10
7/10