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Mostri Senza Nome – Torino, le storie raccontate su Crime+Investigation dal 23 maggio

Torna Mostri Senza Nome il programma di Crime+Investigation dedicato ai delitti irrisolti nelle città italiane. Dopo Roma, Milano e Genova quest’ultima teatro della riapertura di uno dei casi trattati proprio grazie alla serie (Il Delitto del trapano – vittima Maria Luigia Borrelli), arriva Torino da martedì 23 maggio alle 22.55, torna su Crime+Investigation. Anche quest’anno un conduttore d’eccezione ad accompagnarci in un viaggio alla scoperta della verità: l’attore teatrale e conduttore di Radio 24, Matteo Caccia.  

Mostri Senza Nome – Torino la formula

Mostri Senza Nome – Torino, in quattro episodi, racconta crimini mai risolti avvenuti tra gli anni ’50 e gli anni ’90. Attraverso scrupolose interviste agli esperti, ai legali ed ai familiari delle vittime, Matteo Caccia approfondirà quattro cold case che hanno come sfondo Torino e la sua provincia. Sono le storie di quattro persone innocenti che ancora aspettano giustizia: Mario Gilberti, Giorgia Padoan, Eleuterio Codecà e Franca Demichela.

Un progetto Crossmediale

Un progetto editoriale che, anche quest’anno, diventa cross-mediale, unendo TV e radio. Crime+Investigation e Radio 24, infatti, rinnovano la loro partnership nella creazione di un nuovo progetto multicanale che coinvolge più piattaforme. Stesso contenuto declinato con modalità diverse: l’intensità della voce da una parte, la forza delle immagini dall’altra, un unico conduttore a guidare gli spettatori/ascoltatori.

A partire dal 23 maggio ogni martedì alle 15.00 all’interno del programma Matteo Caccia racconta su Radio 24, Matteo Caccia presenterà la versione radiofonica del racconto, con le storie e gli elementi chiave dei quattro casi irrisolti; lo stesso giorno, alle 22.55, gli spettatori potranno vedere con i loro occhi sul canale 119 di Sky, le storie che Matteo ha raccontato in radio.

Gli Episodi

Il caso di Mario Giliberti In onda il 23 maggio

Diabolic, l’assassino grafomane firma il delitto perfetto
Nel febbraio del 1958, Mario Giliberti, un operaio FIAT, viene trovato ucciso, martoriato da 18 coltellate, in circostanze alquanto misteriose. L’omicidio fu reso noto dallo stesso assassino che inviò una lettera sia in Questura che alla stampa nella quale, con un gioco di parole indicava la scena del crimine, diceva di essersi vendicato di un amico che lo aveva tradito e si firmava “Diabolich”, come il protagonista del romanzo poliziesco “Uccidevano di notte” di Italo Fasan. L’omicida lasciò anche un bigliettino sulla scena del crimine: «Riuscirete a trovare l’assassino?»

Al centro di un’aspra battaglia legale, combattuta a colpi di perizie calligrafiche, ci fu un unico indiziato, un amico della vittima, un giovane di famiglia benestante che aveva fatto con lui il servizio militare e che con lui era al centro di pettegolezzi su una presunta “amicizia particolare” che li legava (così la definivano i giornali dell’epoca). Indagini inconcludenti, caso mediatico grazie alle varie lettere-rebus inviate dall’assassino alla stampa, pericolo di clamoroso errore giudiziario faranno crescere la leggenda del delitto perfetto. Nel 1962, le sorelle Giussani danno vita al fortunato personaggio dei fumetti Diabolik, dichiarando apertamente di aver preso ispirazione dalla cronaca nera. Il misterioso e beffardo killer di via Fontanesi è rimasto così nella storia.

Il caso di Giorgia Padoan | In onda il 30 maggio

L’impronta sul caffè la fine di Giorgia
È il 9 febbraio 1988, Giorgia Padoan, bella, alta, vivace ed intelligente, apre la porta della sua casa nel centro di Torino, sicura di far entrare un amico che non le avrebbe mai fatto del male, un giovane robusto, alto un metro e ottanta circa, con scarpe numero 44. Giorgia offre un caffè al suo ospite che però l’aggredisce cercando di spogliarla del pigiama che indossava per abusare di lei, ma senza riuscirci. Giorgia ha lottato con tutte le forze, ma ha dovuto soccombere al suo assassino che le ha stretto una pesante catena per le bici intorno al collo fino ad ucciderla. Nella colluttazione le due tazzine di caffè sono cadute a terra e il killer ha lasciato un segno, un’impronta della sua scarpa numero 44 sul caffè.

Sembra un omicidio narrato da Agatha Christie, inizialmente di facile soluzione, con tante ipotesi verosimili che avrebbero potuto dare una svolta all’inchiesta. Ma questa svolta non arriverà mai. Nel 2013, si riaprì il fascicolo partendo da una telefonata che il padre di Giorgia aveva ricevuto a casa pochi giorni dopo l’omicidio. Un ragazzo con la erre moscia gli aveva chiesto perdono confessando di essere lui il colpevole, ma di averla uccisa involontariamente, per disgrazia. La telefonata fu prontamente registrata e una perizia fonica stabilì una seria compatibilità tra la voce al telefono e quella di un ex studente del corso di laurea di Giorgia, già sentito ai tempi. L’uomo, incensurato, diventato nel tempo un professore, venne indagato per omicidio volontario e interrogato dopo una perquisizione in casa senza successo. Il professore, durante l’interrogatorio, si dichiarò cardiopatico e quindi incapace di sostenere le pesanti accuse; negò di conoscere Giorgia e produsse un alibi per il giorno della morte. La Procura dovette rinunciare perché non c’erano abbastanza prove per sostenere un’accusa in tribunale. Dopo 34 anni, l’assassino è ancora avvolto nell’ombra.

Il caso di Eleuterio Codecà | In onda il 6 giugno

La misteriosa morte di Erio Codecà nemico di classe
Il 16 aprile 1952 uno sparo nella notte colpisce l’ingegnere Eleuterio Codecà, uscito di casa per portare a spasso il cane. 53 anni, uno dei più importanti dirigenti FIAT dell’epoca, viene ucciso per strada da un unico colpo. Nessun testimone attendibile, sebbene la FIAT e l’Unione Industriali di Torino offrirono una taglia di 28 milioni di lire a chi avesse contribuito alla cattura dell’assassino. L’omicidio avviene in un periodo storico-sociale molto preciso caratterizzato dalle tensioni fra USA e URSS, da un acceso anticomunismo e da frequenti e duri scontri tra gli operai e gli industriali.

Alla ricerca dei vari moventi, si avanzò anche l’ipotesi del delitto politico internazionale, fra lo spionaggio e il traffico di segreti industriali con i Paesi comunisti dell’Est Europa. Nel cassetto della scrivania della vittima vennero trovati alcuni fogli su cui c’erano degli appunti scritti in un linguaggio cifrato. Ma questa direzione non fu mai presa in considerazione dagli inquirenti. Qualche anno dopo, Giuseppe Faletto, uno sbandato che aveva militato nelle brigate partigiane, ma subito allontanato per la sua indole violenta, fu accusato dell’omicidio, ma fu assolto per insufficienza di prove, sebbene fu condannato a quasi 80 anni di reclusione per altri sette omicidi. Dopo 70 anni, aleggia ancora un fitto mistero sul delitto Codecà.

Il caso di Franca Demichela | In onda il 13 giugno

La signora in Rosso Magica e immortale come Nefertiti
Era il 14 settembre del 1991 quando un clochard chiama la Polizia per segnalare il cadavere di una donna con un abito da sera rosso ed un turbante dello stesso colore, abbandonato tra i rifiuti di una discarica abusiva. Solo dei segni di strangolamento sul collo. Nessun altro indizio. La dama in rosso viene riconosciuta come Franca Demichela, signora dell’alta borghesia torinese, donna stravagante ed eccentrica che amava la trasgressione notturna e sentirsi libera da qualsiasi condizionamento sociale, per ritrovare sé stessa. Specchio perfetto della Torino della Prima Repubblica, buio e luce, ricchezza ed emarginazione, benessere e degrado.

Duplicità che mantiene anche nel suo matrimonio, lei signora in rosso, lui signore in grigio. Così come è normale che fosse, il primo indagato è proprio lui. Stanco dei colpi di testa della moglie? Ferito dai continui tradimenti? Ma dopo lunghi ed estenuanti interrogatori, pieni di reticenze e contraddizioni, spunta fuori un alibi di ferro e viene scagionato da tutte le accuse. Anche i tre nomadi di origini slave con i quali è stata vista la donna la sera dell’omicidio vengono rilasciati per mancanza di prove a loro carico. Risultanze investigative più significative non sono mai emerse, se non false piste che, ovviamente, non hanno portato a nulla. Ci sarà mai giustizia per la signora in rosso?