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Pose la serie di Ryan Murphy su Netflix: oltre i giudizi sono i personaggi a renderla indimenticabile

Recensione Pose le tre stagioni della serie tv di Ryan Murphy su Netflix

Pose, la serie di Ryan Murphy dedicata al mondo della Ballroom scene e delle House che ne facevano e che ne fanno tutt’ora parte, con la terza stagione da poco su Netflix, è arrivata al capitolo finale. Abbiamo aspettato qualche giorno prima di parlarne per poter raccogliere bene le idee e non “giudicarla” a caldo, considerato che, come previsto, ha diviso completamente il pubblico tra chi la ha amata e chi ne è rimasto deluso.
Personalmente son tra quelli che l’ha trovata giusta nel suo essere anche “difettosa”. 

Pose è una di quelle storie che quando te la raccontano devi cercare il più possibile di sospendere i giudizi, le convinzioni, le certezze e lasciarti accompagnare nelle vite dei protagonisti e nel contesto storico e sociale che fa da teatro alle loro avventure. Dovrebbe essere così con tutte le storie direte voi e avete anche ragione, ma con Pose ci si deve impegnare un po’ di più perché, a differenza di quello che dicono sempre tutti, non parla della comunità Lgbt+, non parla di omolesbobitransfobia, non parla di razzismo, non parla di amicizia, non racconta le storie di una famiglia.

Di cosa parla davvero Pose

Pose parla prima di tutto di privilegi, di identità di genere, di come nascere “diversi” sia la causa della perdita di quei privilegi.

Schematizzando come sono distribuiti questi privilegi verrebbe fuori un disegno complicatissimo pieno di variabili, di eccezioni, di incoerenze e certezze discutibili, che come lo metti loro metti porta sempre alla stessa soluzione:” se sei un maschio bianco eterosessuale hai il tuo posto alla tavola del Re”.

I protagonisti di Pose sono la variabile nella variabile, sono gli ultimi degli ultimi. Erano persone alla ricerca della loro identità sociale e di genere, erano la vergogna all’interno delle loro stesse comunità, quella di nascita, sia essa afroamericana, portoricana, messicana ecc, quella omosessuale – che li avrebbe dovuto considerare sorelle e fratelli, amiche e amici – che nella società White escludente di quell’America primi anni ’80 convinta che l’aspetto rassicurante e per bene avrebbe “vinto” su quello vistoso e non conforme delle persone Transgender, Queer, Black ecc ecc.

Il matrimonio di Angel pro e contro

Uno dei momenti più criticati di questa stagione è il matrimonio di Angel, criticato perchè troppo smielato, criticato perchè impossibile, criticato perchè buonista e familista. 

Proprio quello invece, a mio avviso, incarna il senso stesso di tutta la serie, non solo della stagione. Oggi che è diventato possibile, oggi che in varie forme l’affettività e la dignità delle coppie Lgbt+ è riconosciuta forse non siamo riusciti a empatizzare con due persone non conformi che hanno fatto carte false – nel vero senso della parola – per ottenere quello che il vuoto legislativo e sociale non gli permetteva di ottenere. Fino a quando non vedi la M invece della F o il contrario sul documento sai che davanti a te hai un uomo o una donna e non pensi ad altro, ma quando noti l’errore tutto diventa diverso, la favola finisce, ecco Ryan Murphy quella favola l’ha voluta far trionfare sottolineando che non era possibile, che era illegale, ma anche che era giusto, necessario, politico, intimo e collettivo.

Pose e l’Aids

L’altro grande tema della stagione è l’Aids, lo stigma, la paura, la sofferenza, la solitudine, la morte senza dignità perchè colpevoli di essere malati*.

Scoprire che una speranza c’era, ma che poteva essere data solo ai privilegiati portò alla reazione di chi in quell’inferno ci stava dentro come malato, come amica, amico, militante, fu una reazione/Azione, erano gesti disturbanti perchè dovevano restare in testa a chi si girava dall’altra parte e pensava che non essendo una o uno di quella comunità di strani sarebbe stato al sicuro.

Pose, tutta intera, ci ha aperto le porte di un non luogo dove la realtà veniva plasmata ad uso e consumo di chi era costretto a viverla solo in quel modo, di chi è sopravvissuto proprio grazie a quelle famiglie di elezione, di chi si è sempre visto chiudere le porte in faccia e in quel non luogo poteva essere tutto quello che voleva, ma in primis se stessa o se stesso con tutto quello che questo significa. Sicuramente non è una serie perfetta, non è la migliore, ha i suoi limiti, i suoi errori e le sue incoerenze, ma per fortuna perchè altrimenti non ci sarebbero le differenze visioni, non si creerebbe il dibattito e soprattutto non ci fermeremo a riflettere su quello che abbiamo visto.
Io la vedo così se non siete d’accordo fatemelo sapere!

*Purtroppo in quegli anni l’hiv poteva essere chiamata solo malattia e non infezione perchè sviluppava subito l’AIDS e portava alla morte per le varie complicazioni oggi definiamola infezione da HIV perchè con le terapie si è raggiunta una qualità e un’aspettativa di vita insperate allora.