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Recensione Zero: la nuova serie tv italiana di Netflix è un’occasione sprecata

Recensione Zero la serie tv italiana di Netflix dal 21 aprile in streaming

Zero è l’attesa serie tv italiana di Netflix ideata da Antonio Dikele Distefano prodotta da Fabula Pictures e Red Joint Film, composta da 8 episodi con una durata tra i 20 e i 30 minuti ciascuno. Una produzione giovane e contemporanea con una colonna sonora popolata di artisti del momento da Mahmood a Marracash e altri. Sicuramente nel giro di un paio di giorni la troveremo in Top Ten.

La Trama

Omar/Zero è un ragazzo normale alle prese con un superpotere più grande di lui. Il dono dell’invisibilità lo aiuterà a trovare l’amore, l’amicizia, a scoprire qualcosa di più su sè stesso e la sua famiglia ma soprattutto gli servirà per salvare il suo quartiere, quel Barrio in cui è cresciuto e che ora è in pericolo.

Zero, i nostri commenti

Durante la conferenza stampa di presentazione (qui le dichiarazioni) Antonio Dikele Distefano anima e mente dietro Zero, si è velatamente lamentato del fatto che ci si concentrasse troppo sul fatto che fosse la prima serie tv con protagonisti neri e non sulla storia. Sono perfettamente d’accordo con lui, anche se gli sarà dispiaciuto notare che proprio per questo aspetto la serie è andata in giro per il mondo, è stato intervistato da Variety ed è usato come elemento promozionale come dimostra anche il trailer qui sopra. Proprio per questo però è un’occasione sprecata, perchè non si è riusciti ad andare oltre quella patina apparente che vorrebbero rendere superflua, creando una serie debole, narrativamente imperfetta e poco fluida.

Probabilmente chi ha realizzato la serie non guarda molte serie tv negli ultimi anni, fermo alle produzioni anni ’90 che si ricordano con simpatia ma di cui, riguardandole oggi, troveremmo tutti i difetti e le mancanze. Sorvolando su tanti buchi, salti improvvisi, scelte incomprensibili che si potrebbero trovare in ogni puntata, la serie fa l’errore di confondere il ritmo con la fretta. Le stories di Instagram durano pochi secondi, quindi le scene devono essere rapide, i discorsi semplici, i dialoghi scarni così da entrare in un’immagine da condividere. Pezzi di storia si compongono davanti ai nostri occhi e a tratti si ha l’impressione di essersi persi dei passaggi che semplicemente non sono mai avvenuti. Come nel testo di una delle tante canzoni che fanno parte della soundtrack, si uniscono frasi senza le coniugazioni. Zero privilegia le immagini come le corse in bici per Milano ai dialoghi, spesso esagerati e irrealistici (ma questo è un grosso difetto di gran parte della serialità italiana). L’armonia tra i ragazzi, la freschezza della loro naturalezza, la leggerezza iniziale e le potenzialità che mostra verso il finale (cui si arriva a fatica) sono gli aspetti più interessanti di una serie tv che fa fare l’ennesimo passo indietro alla serialità italiana. Piccola curiosità l’inquietante Roberta Mattei nei panni de La Vergine due giorni dopo la ritroveremo in Anna. Voto 5 Riccardo Cristilli

Sulla carta, la serie, aveva tutte le caratteristiche per essere un ottimo prodotto di intrattenimento capace di far riflettere su tematiche importanti e determinanti nel mondo attuale: la Gen Z, gli italiani di prima e seconda generazione, la gentrificazione nelle grandi città, l’accettazione di sé stessi, dei propri limiti e delle proprie capacità. Se avesse seguito in maniera più fedele le orme del romanzo di Antonio Dikele Distefano, il risultato sarebbe sicuramente stato più convincente. Le premesse e il potenziale c’erano, peccato, anche stavolta, non averle sfruttate al meglio. La sceneggiatura è senza dubbio il vero tasto dolente di Zero: poco fluida, con incredibili buchi nella narrazione e dialoghi purtroppo spesso poco convincenti. Come scritto da chi mi precede, “la fretta” è stata cattiva consigliera: i nodi narrativi vengono risolti troppo velocemente e risultano proprio per questo motivo, privi di profondità. Un vero peccato, se pensiamo che altri elementi (che però da soli non bastano a promuoverla) sono invece decisamente ben riusciti: colonna sonora e fotografia sono costruiti a pennello su una serie per la generazione Z e con la generazione Z, sempre più abituata a contenuti effimeri da social network, che dopo ventiquattro ore vengono dimenticati. Peccato che per le storie, quelle davvero belle, le regole siano diverse, e Zero verrà sicuramente ricordata, ma per i motivi sbagliati purtroppo. Voto 5,5 Giorgia Di Stefano
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Zero rappresenta sicuramente un novità nel panorama seriale italiano, ha anche una funzione sociale, grida al mondo che l’Italia è anche multiculturale, ci sono attori e autori italiani di altre etnie, e ci sono storie che si possono raccontare anche nel nostro contesto locale, e questo ruolo è indiscutibile. Si può discutere molto invece su tantissime scelte narrative di Zero, la scelta del format, per prima cosa, 8 episodi della durata di 20 minuti, che danno l’idea di serie, ma che di fatto è tutta un’illusione. Ci sono tantissime serie che riescono a raccontare bene una storia anche in puntate da 20 minuti, ma la capacità di evitare momenti morti, spesso usati dalla serialità per allungare, non va scambiata con l’essere didascalici. A volte, anzi troppe volte, Zero sacrifica troppo – la costruzione, lo sviluppo di una storia, gli sviluppi di un rapporto, la costruzione dei personaggi – per raccontare una storia veloce, all’apparenza anche coinvolgente, ma guardandola è difficile non pensare che queste 3 ore di contenuto, sono solo un un un’elaborazione poco curata del pitch che si fa al dirigente di un canale televisivo per farsi ordinare un progetto. La storia inizia quando finisce e probabilmente continuerà, ma c’è ancora tanto lavoro da fare per uscire dalla fase del pitch, del prologo e del racconto conciso del fumetto per passare in quella della produzione di una serie tv. Voto 5 – Davide Allegra.

Nel cast:

  • Giuseppe Dave Seke: Zero-Omar
  • Haroun Fall: Sharif
  • Beatrice Grannò: Anna
  • Richard Dylan Magon: Momo
  • Daniela Scattolin: Sara
  • Madior Fall: Inno
  • Virginia Diop: Awa
  • Alex Van Damme: Thierno
  • Frank Crudele: Sandokan
  • Serena De Ferrari: Vidya
  • Susanna Acchiardi: Carolina
  • Giordano De Plano: Fumagalli
  • Ashai Lombardo Arop: Marieme
  • Roberta Mattei: La Vergine
  • Thierry Toscan: Dietmar
  • Miguel Gobbo Diaz: Rico
  • Stefano Taza: Moreno
  • Federica Torchetti: Maria Pia
  • Livio Kone: Honey
  • Elisa Wong: Robbi
  • Giovanni Crozza: Edo

Il cast tecnico

Antonio Dikele Distefano ha scritto la serie, creata da Menotti, insieme a Stefano Voltaggio, anche nel ruolo di Creative Executive Producer, Massimo Vavassori, Carolina Cavalli e Lisandro Monaco dando forma ad una esplorazione di Milano e raccontando un mondo ricco e variegato di culture sottorappresentate, a cui si aggiungeranno significativi contributi presi dalla scena rap. ZERO è diretta da Paola Randi, Ivan Silvestrini, Margherita Ferri Mohamed Hossameldin. La serie è liberamente ispirata al romanzo “Non ho mai avuto la mia età” di Antonio Dikele Distefano, edito da Mondadori.

Omar/Zero è un ragazzo normale alle prese con un superpotere più grande di lui. Il dono dell'invisibilità lo aiuterà a trovare l'amore, l'amicizia, a scoprire qualcosa di più su sè stesso e la sua famiglia ma soprattutto gli servirà per salvare il suo quartiere, quel Barrio in cui è cresciuto e che ora è in pericolo. Recensione Zero: la nuova serie tv italiana di Netflix è un'occasione sprecata