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Reflection in a Dead Diamond: vorticosa, confusa meraviglia – La recensione

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Se ancora oggi ogni paio di mesi esce un articolo che macina illazioni su chi sarà il prossimo (o l a prossima) Bond, l’impatto culturale della saga non è minimamente paragonabile a quello che era un tempo. Negli anni centrali del decennio 1960 la domanda del pubblico era tanta e tale da dare vita a un vero e proprio genere cinematografico da più di 100 film: l’Eurospy. Come suggerisce il nome si tratta di produzioni europee, di budget basso e qualità ancora più bassa, ma assolutamente ovunque in termini culturali. Questa premessa è necessaria per capire Reflection in a Dead Diamond, quarto lungometraggio del duo registico Hélène Catett e Bruno Forzani, che prende codici e forme dell’eurospy, remixandoli e reinventandoli in un eclettico spy-thriller. Il film ha fatto il suo debutto alla Berlinale 2025 con conseguente nomination per l’Orso d’oro, atterrando poi nelle sale italiane il 3 luglio.

Reflection in a Diamond: Eurospy Superstar

In un resort di lusso in Costa Azzurra vive John D, un elegante settantenne che passa le sue giornate bevendo bitter e guardando il mare.  La misteriosa morte dell’ospite della porta accanto risveglia però istinti e ricordi sopiti dell’epoca in cui John era un agente segreto dell’est. Passato e presente, realtà e finzione si confondono fra i riflessi turchesi del Mediterraneo, tracciando la linea di rivalità e attrazione fra John e l’inafferrabile assassina Serpentik, un caso irrisolto che potrebbe nascondere più di quello che sembra.

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Fra pastiche e pasticcio

Sono un fan del pastiche referenziale, e (purtroppo per le mie scelte di vita), ho anche una cultura abbastanza estesa nel cinema eurospy degli anni 60. Sguazzo nelle narrative non lineari. Adoro le storie in cui non è ben definito cosa sia reale e cosa no, l’illusorio, l’onirico, il Lynchiano ed ogni altra incarnazione dell’ermetico cinematografico.
Ma.
Questo film fa troppo. È tirato in troppe direzioni decostruttive allo stesso tempo, e ne finisce smembrato. Invece di evocare, in questo caso l’ermetismo disinnesca, scarica la potenza artistica dell’opera.

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È un gran peccato per un film che mostra una padronanza del linguaggio visivo e iconografico assolutamente immacolataReflection in a Dead Diamond rimane una gioia per gli occhi e per una certa parte nascosta del subconscio collettivo. Rimane però un po’ amara la domanda di quello che sarebbe potuto essere se ci si fosse preoccupati uno zero virgola uno in più di essere, se non pop, comprensibili. Ciò detto, avanti tutta: non vediamo l’ora di vedere cosa Catett & Forzani hanno in serbo per noi al prossimo giro. Il talento c’è davvero tutto.

Il cast

Fabio Testi è l’anziano John D, un’ex spia in pensione, mentre Yannick Renier interpreta John nel fiore degli anni e nel cuore dell’azione. Koen De Bouw è Markus Strand, un magnate del petrolio che nasconde oscuri e appiccicosi segreti, e Celine Camara è un’agente con cui John collabora nel cercare di smascherarlo. Thi Mai Nguyen è la misteriosa Serpentik, ladra e assassina professionista e nemesi di John, mentre Maria De Medeiros è una misteriosa donna che abita in una villa sulla riviera.

La recensione

Questo film fa troppo: tirato in troppe direzioni decostruttive allo stesso tempo, ne finisce smembrato. È un gran peccato per un film che mostra una padronanza del linguaggio visivo e iconografico assolutamente immacolata, da un duo registico di gran talento che osserveremo con grande attenzione

Voto:

5.5/10
5.5/10
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