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Ripley, una miniserie d’autore e un grande Andrew Scott per un personaggio ambiguo e conosciuto – La recensione

Ripley è la miniserie di Steve Zaillian basata sul personaggio creato da Patricia Highsmith nei suoi romanzi presente in Il talento di mister Ripley, Sepolto vivo, L’amico americano, Il ragazzo di Tom Ripley e Ripley sott’acqua. Un personaggio affascinante che prende nuovamente vita grazie alla magnetica interpretazione di Andrew Scott capace di regalarci con uno sguardo tutta l’ambiguità morale di una persona che tenta di trarre il meglio da un’esistenza precaria. Il coloratissimo e luminosissimo bianco e nero creato da Zaillian dona poesia e raffinatezza, contrastando il coloratissimo rosso Netflix.

Prima di Andrew Scott nella serie di Netflix, il personaggio è stato interpretato da Alain Delon nel 1960 (Delitto in pieno sole), Dennis Hopper nel 1977 in L’amico americano, Matt Damon nel 1999, John Malkovich (che fa un piccolo ruolo anche in questa miniserie) nel 2002 e Barry Pepper nel 2005. La recensione che segue di Ripley è senza spoiler per le scelte fatte da Zaillian.

Ripley una storia stranota

La storia di Ripley, la miniserie su Netflix dal 4 aprile, è quindi molto conosciuta. La storia parte a New York negli anni ’60 quando il signor Greenleaf rintraccia questo piccolo truffatore che campa di espedienti, per convincerlo ad andare in Italia, ad Atrani dove il figlio Dickie vive ormai da mesi senza far nulla, bighellonando e sognando di fare l’artista. Ammaliato dalla bella vita da sempre agognata, Tom finirà in un gorgo di vizi, omicidi e lussuria.

Una miniserie d’autore

Steve Zaillian, autore e regista della miniserie Ripley, è lo sceneggiatore Premio Oscar per Schindler’s List, nominato altre 4 volte ( RisvegliGangs of New YorkL’arte di vincere e The Irishman) già dietro alla miniserie The Night of di HBO. Considerando tutto questo appare superfluo sottolineare come Ripley sia una miniserie d’autore, raffinata, elegante a partire dalla scelta di usare un bianco e nero molto pulito e nitido, che immerge la serie in un’atmosfera da antico noir. Una scelta presa dall’autore dopo aver visto un’edizione del romanzo che riportava una fotografia simile a quella poi ripresa sullo schermo, come ha lui stesso raccontato.

La miniserie indossa il vestito da noir di un tempo per regalare un dramma sulla precarietà dell’esistenza e il labile confine tra moralità e immoralità. Ripley è l’archetipo del truffatore, dell’approfittatore sagace, ma alcune sue caratteristiche sono presenti anche negli altri personaggi, perché tutti in un modo o nell’altro finiamo per “sfruttare” l’altro ed essere sfruttati. Ripley prodotta da Showtime ed Endemol Shine North America rimanda a quella vocazione autorale che un tempo il canale cercava di perseguire prima di decidere di virare su prodotti diversi legati a franchise già noti e più dinamici. Il passaggio a Netflix non stupisce per l’idea della piattaforma di aggiungere sempre nuovi contenuti e parlare a pubblici diversi, ma sorprende per la differenza visiva e narrativa che si riscontra rispetto agli altri prodotti della piattaforma. Basterà il fascino di Andrew Scott e del personaggio di Ripley ad attirare il pubblico?

Scott dà vita a un Ripley perfido ma non cattivo, furbo, sagace, pronto ad agire e a reagire in ogni situazione inseguendo i propri interessi. Un personaggio scorretto per cui è impossibile non voler bene. Certo è una serie e una storia che deve restare ancorata in un passato privo di tecnologia in cui l’identità di una persona è legata soltanto al documento che ha dietro e in cui non si hanno fotografie pronte all’uso da mostrare agli altri. Un uomo ricco di contraddizioni perfettamente incarnate dal volto di Andrew Scott. Lui è la serie, tutti gli altri sono ottime comparse che lo accompagnano in scena. 

Una serie molto costruita sui silenzi, che ha il pregio di usare attori italiani e lasciarli recitare in italiano lasciando l’inglese solo per pochi scambi con gli stranieri del film. L’Italia degli anni ’60 è racchiusa nei vicoli in cui si respira ancora l’aria di un tempo, luoghi meno battuti dal turismo di massa e quindi meno soggetti ai cambiamenti del tempo. Scale, bivi, vie strette che rispecchiano il dedalo dei pensieri di Tom. Come il suo protagonista, spesso la miniserie si compiace della sua bellezza. E questo può essere un difetto finendo per risultare un po’ fredda.

Il cast

Oltre ad Andrew Scott nei panni di Ripley troviamo Johnny Flynn in quelli di Dickie Greenleaf, ma l’attore non sembra essere perfettamente a suo agio nel ruolo del ricco e viziato, più adatto nei lati del carattere da imbranato bonaccione. Dakota Fanning è Marge Sherwood fidanzata di Dickie, aspirante scrittrice moralmente più equilibrata di Tom ma gelosa della sua presenza capace di rubarle la scena. Maurizio Lombardi incarna perfettamente l’immaginario dell’ispettore da film, nelle sue pause, nelle sue tecniche per parlare con testimoni e sospettati. Margherita Buy è la portiera dello stabile romano di Tom.

Ripley

Una miniserie d’autore raffinata, elegante, con un’Italia dei vicoli, dei paesi immersa in un bianco e nero ricco di colori e sfumature, impeccabile il protagonista Andrew Scott.

Voto:

7.5/10
7.5/10