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Sapiens – Un solo pianeta con Mario Tozzi, sabato 14 maggio: il clima

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Sapiens è il programma di approfondimento culturale dedicato ai temi della natura e della salvaguardia dell’ambiente. Anche nelle nuove puntate dell’ottava edizione del programma di divulgazione, Mario Tozzi continua a parlare a un pubblico sempre più attento e desideroso di capire fenomeni spesso complessi. Le puntate di Sapiens sono disponibili in streaming su RaiPlay dove è presente anche la diretta di Rai 3, il sabato alle 21:20 circa, per seguire il programma via sito o app. Per lo spazio dedicato ai “Dialoghi di Sapiens”, lo scienziato Mario Tozzi converserà con l’umanista Pietrangelo Buttafuoco sui temi della serata.

Sapiens, 14 giugno ultima puntata sul clima

L’Impero Romano è caduto per i barbari o per le malattie e i cambiamenti climatici? Il clima è sempre cambiato sulla Terra e perché? Se l’anidride carbonica è solo lo 0,04% dell’atmosfera, come fa a influenzare il clima? La crisi climatica di oggi è accelerata, anomala rispetto a quelle del passato, globale e dipende dai sapiens: come abbiamo fatto a cambiare il clima?

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Queste le domande della puntata del 14 giugno di Sapiens dedicata al tema del clima. Anche nel declino di Roma, uno dei più grandi imperi del passato, sicuramente il più longevo, il cambiamento climatico ha giocato un ruolo non marginale. Prima che il clima cominciasse a raffreddarsi, Roma ha goduto per secoli di condizioni che ne hanno favorito l’ascesa, un “optimum climatico” caratterizzato da un clima caldo, umido e stabile, perfetto per l’agricoltura e l’allevamento.

Uno dei fattori che più influenza il cambiamento climatico è l’anidride carbonica generata dalle attività industriali. Un gas che solo i Sapiens sanno immettere in atmosfera in quantità aggiuntive così ingenti dissotterrando i combustibili fossili e poi bruciandoli. I grandi cambiamenti climatici del passato sono avvenuti in tempi lunghissimi. Quello in corso, al contrario, si sta verificando su una scala temporale enormemente più breve e, altra novità rispetto al passato, dipende dai Sapiens che però non si limitano a provocare il cambiamento climatico: ne sono anche vittime.

7 giugno: l’eruzione del Vesuvio

La puntata di Sapiens del 7 giugno parla del Vesuvio: e se eruttasse all’improvviso Napoli diventerebbe Pompei? Perché, nonostante le eruzioni del Vesuvio si siano più volte ripetute nella storia, i Sapiens hanno continuato a costruire in questo territorio? E sono consapevoli di vivere in una delle zone a maggior rischio vulcanico del Mediterraneo?

Il Vesuvio dorme, ma è considerato uno dei vulcani più a rischio del pianeta. L’ultima eruzione risale ormai a 81 anni fa. Era il 1944 e le truppe alleate erano da poco sbarcate in Italia. Un’eruzione ben documentata che, pur considerata modesta, ha sprigionato 21 milioni di metri cubi di lava, ha distrutto numerosi centri abitati e ha prodotto ceneri che sono arrivate fino in Albania. Per ripercorrere la storia di uno dei vulcani più monitorati del mondo, partendo dall’eruzione del 79 d. C., la più intensa degli ultimi 2000 anni, “Sapiens” è entrato nel suo cratere, a 1175 metri di altezza dove lo sguardo abbraccia tutto il golfo di Napoli, in un’atmosfera di tranquillità che potrebbe interrompersi in qualsiasi momento.

Ma ogni volta, quando la lava si ferma, l’eruzione viene magicamente dimenticata. Sulla base dell’eruzione del 1631, infatti, la Protezione Civile ha stilato un piano di evacuazione dettagliato che però deve fare i conti con una realtà complessa fatta di abusivismo diffuso e di strade inadeguate a sostenere eventuali evacuazioni. Senza contare che un piano di evacuazione si trasformerebbe in un piano di esodo, un allontanamento da cui non si torna indietro, in caso di esplosione. Nella zona rossa del Vesuvio vivono circa 700 mila persone, mentre in quella vicina dei Campi Flegrei 500 mila, 800 mila se si allarga lo sguardo anche alla zona gialla.

31 maggio: Lisbona 1755

Il terremoto di Lisbona del 1755 è stato un terremoto del pensiero. Era il 1° novembre 1755 e un terremoto dell’8.5 grado della scala Richter colpisce la città. Il terremoto causa danni in un’area di 800.000 chilometri quadrati e viene avvertito anche in Italia e fino alla Scandinavia. I crolli provocano incendi devastanti, la gente fugge verso le rive del fiume Tago dove dopo un’ora e mezza arriva lo tsunami: onde alte 15 metri che distruggono quel che resta dopo il terremoto. Un evento devastante che ha cambiato il corso e la storia europea. Un terremoto della terra e del pensiero.

Questo è il tema di Sapiens, partendo dai luoghi simbolo di quella catastrofe come la Torre di Belém. O il Convento do Carmo, gioiello gotico parzialmente ricostruito. O ancora l’immensa Praça do Comércio, che ospita il ritratto di una figura chiave nella magnifica ricostruzione post-terremoto: il Marchese di Pombal, primo ministro di Re Giuseppe I, che riedifica la città secondo criteri moderni, per la prima volta antisismici.

Lisbona era una città ricca e questo evento naturale ha cambiato il mondo di pensare. In questo tornante della storia, in cui il pensiero scientifico alza la testa rispetto al pensiero magico e si nega che il terremoto sia un castigo di Dio, Lisbona diventa laboratorio del pensiero e della scienza esattamente come oggi la capitale portoghese ospita equipe internazionali di scienziati che arrivano per studiare le dinamiche di terremoti e maremoti e cercare risposte utili a tutto il mondo.

Ma a 270 anni dal terremoto l’anima della città, la più antica d’Europa – probabile è la sua origine fenicia – è anche in altri luoghi amati dai turisti che da qualche tempo accorrono nella città lusitana per immergersi tra i suoi vicoli, nell’architettura rinata dopo il sisma, nei siti della sua tradizione storica e culturale.

A 270 anni da quel terremoto, Lisbona ci ricorda ancora che l’uomo si costruisce il destino da solo, e che occorre essere preparati agli eventi naturali. L’insegnamento, ora come allora, è sempre lo stesso: se vuoi vivere in un luogo pericoloso devi scendere a patti con la natura.

Lupi e orsi

Gli animali sono al centro della puntata di Sapiens del 24 maggio. Lupi e orsi sono due specie simili nelle emozioni e nei comportamenti, accomunate anche da un vissuto di persecuzione. Recentemente, oggetto di pratiche di tutela e protezione, hanno ricominciato a proliferare. Non prima di aver quasi toccato il baratro dell’estinzione per colpa dell’uomo. La convivenza tra uomo e animale è il tema della puntata, affrontato andando nei boschi in Trentino Alto-Adige.

In Italia come altrove in Europa, la vita di questi animali selvatici è stata per lungo tempo minacciata e solo recentemente protetta. Dal Medioevo a tutto l’Ottocento, complice soprattutto l’identificazione cristiana del lupo con il maligno, questi animali sono diventati bersagli. Fino a che, all’inizio del XIX secolo, i Sapiens realizzano che i lupi vanno protetti da una probabile estinzione: è nell’ultimo decennio che i Sapiens si decidono a proteggerli con iniziative di reintroduzione nell’ambiente naturale. Un percorso di tutela che però ha conosciuto recentemente una nuova battuta d’arresto con la decisione dell’Unione Europa di retrocedere il lupo dalla condizione di specie “rigorosamente protetta” a, semplicemente, “protetta”, aprendo la strada a un inevitabile incremento degli abbattimenti.

Gli orsi, animali una volta protagonisti indiscussi delle valli alpine, quasi estinti in tutto il continente, sterminati per secoli, ricacciati indietro dall’avanzare dell’agricoltura, dalla caccia e dagli insediamenti umani, sono stati poi miracolosamente reintrodotti nei boschi dell’Italia centrale e alpina all’inizio del nuovo millennio, ma sempre meno benvoluti dalla popolazione. Eppure, l’orso non ha interesse ad attaccare l’uomo.

Quanto ai lupi, oggi in Europa ce ne sono 22 mila; in Italia, dopo essersi quasi estinti negli anni Settanta, ne esistono circa 3500 individui grazie anche all’iniziativa “San Francesco” del WWF promossa dal fondatore Fulco Pratesi.
Sapiens un solo pianeta su Rai 3

17 maggio: l’origine della scrittura

Da dove viene la scrittura e perché solo i Sapiens scrivono? Scrittura e lingua sono due facce della stessa medaglia? E quali saranno le scritture del futuro? Sono solo alcuni degli interrogativi sui quali si concentrerà questa puntata. La scrittura è una delle più grandi invenzioni dei Sapiens che sanno raccontare storie e astrarre i significati e hanno bisogno di affidare i propri pensieri alla scrittura per renderli immortali. La scrittura è un’invenzione recente: solo negli ultimi 5000 anni i Sapiens trasmettono le conoscenze attraverso qualche sistema di scrittura.

Un viaggio a ritroso nel tempo per raccontarne la storia comincia a Orvieto, nella necropoli etrusca con il maggior numero di iscrizioni, quella del Crocifisso del Tufo, risalenti al VI secolo a.C, gli etruschi sono stati i primi a portare in Italia una scrittura fondata sull’alfabeto, ma è stata solo una tappa di un percorso iniziato migliaia di anni fa. In principio c’erano le immagini come quelle rappresentate nella grotta di Lascaux, in Francia, risalenti a più di 15 mila anni fa. O come i geroglifici introdotti dagli Egizi, ma anche i Sumeri i Cinesi e le popolazioni della Mesoamerica avevano esempi di scrittura.

Poi si va a Creata, un’isola cruciale dove sono nate ben tre delle circa dodici scritture del mondo ancora non completamente decifrate: il geroglifico cretese, il disco di Festo e la Lineare A. A Tarquinia, nella necropoli di Monterozzi, ci sono invece alcune tra le iscrizioni etrusche più lunghe tramandate fino a noi.

10 maggio – Alluvione a Valencia

L’alluvione di Valencia è il tema della prima puntata della nuova edizione di Sapiens.
Perché a Valencia gli argini e le opere non hanno fermato l’alluvione? Pulire il greto dei fiumi, tagliare gli alberi in riva, costruire dighe e barriere consente di resistere meglio alle inondazioni? Oggi accadono più eventi meteorologici a carattere violento rispetto al passato? E dipendono dalla crisi climatica attuale o ci sono altre concause? Riportare i fiumi in condizioni naturali mitigherebbe il rischio idrogeologico o è solo questione di cemento? Perché si resta sempre sorpresi di fronte a una alluvione?

È il 29 ottobre del 2024, in un giorno cadono 772 millimetri di pioggia, l’equivalente di un anno. Il bilancio è terribile: oltre 200 le vittime, decine di migliaia gli sfollati, i sopravvissuti restano isolati per giorni e per chi sopravvive il disastro viene dopo. C’è stato anche qualche problema di comunicazione con l’allerta arrivata soltanto alle 20. Per ricucire l’anatomia di un disastro, per capire perché accadono eventi come questo e cosa si può fare per evitare che si ripetano, a pochi mesi dall’alluvione Mario Tozzi è andato nei territori colpiti: a Chiva, dove il Rambla del Poyo è esondato, lasciando dietro di sé una scia di distruzione visibile ancora oggi; a Paiporta, epicentro dell’alluvione.

Poi è arrivato a Valencia, una città costruita sul fiume, il Turia, il cui corso è stato deviato dopo la tragica alluvione del 1957. È stata documentata la scia di distruzione che ha lasciato dietro di sé quell’evento e ascoltate le testimonianze di soccorritori e sopravvissuti che hanno raccontato storie dal fango e storie di solidarietà. Era accaduto anche in Emilia-Romagna nel 2023, quando un’alluvione aveva fatto 17 vittime e poi ancora nel 2024. L’Italia non è nuova a eventi estremi che sono anzi in crescita: nel 2015 sono stati 60, l’anno scorso 351. I fenomeni meteo possono essere naturali ma le cause profonde che li rendono così distruttivi non lo sono.

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