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Silent night, un film brutto. E basta – La recensione

I film di Natale sono tutti uguali. C’è Babbo Natale che si manifesta in varie forme, storie di famiglie che si ritrovano e si re-incontrano, amori e bambini. Avete mai pensato a un film di Natale in cui il santo giorno da passare a tavola coi parenti a mangiare o a pregare e scambiarsi i doni è quello della vendetta? A questa domanda che forse nessuno si era posto risponde Silent Night, film diretto da John Woo. La sua caratteristica? Non avere dialoghi. Proprio così. Il protagonista si prende un proiettile alla gola, e da lì in poi non emette fiato. Non sullo schermo, perlomeno. Al cinema dal 30 novembre distribuito da Plaion Pictures, fate con questa informazione quello che volete.

Silent night, trama basic

C’è un uomo che ne sta inseguendo una gang. Non riuscirà mai ad avere la meglio, e infatti viene lasciato sull’asfalto in fin di vita. Quando si risveglia e, dopo una lunga terapia, si rimette, scopriamo la verità: la mattina di Natale un proiettile vagante (risultato di una scaramuccia tra gang del quartiere) ha ucciso suo figlio, e lui è rimasto quasi ucciso in un tentativo di vendetta avventato. Ancora in lutto, decide di uccidere i colpevoli la notte di Natale dell’anno successivo. Per farlo, si prepara per mesi: si allena, si informa e si addentra nei bassifondi criminali per compiere con ogni mezzo la sua silenziosa vendetta verso chi gli ha strappato suo figlio.

E una esecuzione eccentrica

La storia, più o meno, regge. Quel che basta per giustificare tutte le scene di spari e combattimenti. Il problema è che è tutto troppo. Ci sta un action che non si prende sul serio e che sa di star esagerando, sul modello di John Wick. Il problema è che qui non c’è niente ad aiutare e a spezzare la monotonia dei pew pew. Non c’è ironia, non ci sono dialoghi, a parte un paio di buone intuizioni e di movimenti di camera estrosi non ci sono cose belle da guardare, solo un uomo azzerato dal lutto che invece che andare in terapia si allena e medita la distruzione totale delle gang. A cosa bisogna aggrapparsi?

Silent night, il problema dei personaggi (soprattutto femminili)

Un’altra cosa problematica di Silent Night è che il personaggio principale, il padre disperato, ha un solo tratto della personalità: la rabbia cieca. Non è divertente, non è simpatico, non si concede neanche di soffrire normalmente. Allontana tutti, ha dei crolli dovuti probabilmente allo stress post-traumatico ma va avanti a testa bassa, completamente incapace di fare altro. La moglie (che, ricordiamo, ha perso un figlio esattamente quanto lui) prova a farcela, si separa da lui per sopravvivere. Eppure, non vediamo nulla neanche di lei, che viene usata come banderuola per farci capire come sta lui. Abbiamo di fronte un uomo patetico e impreparato, guidato dalla follia e dai flashback, e non possiamo fare altro che guardarlo. Per due ore, è un po’ troppo.

Il cast

Joel Kinnaman è il protagonista, padre in lutto che vuole solo la vendetta e non gli importa cosa deve sacrificare per ottenerla. Catalina Sandino Moreno è la sua muta ed inutile moglie, personaggio potenzialmente promettente lasciato ai margini. Scott Mescudi (Kid Cudi) è il commissario di polizia, anch’esso inutile. Nel cast anche Harold Torres.

Silent night

La recensione

La storia, più o meno, regge. Quel che basta per giustificare tutte le scene di spari e combattimenti. Il problema è che è tutto troppo. Ci sta un action che non si prende sul serio e che sa di star esagerando, sul modello di John Wick. Il problema è che qui non c’è niente ad aiutare e a spezzare la monotonia dei pew pew. Non c’è ironia, non ci sono dialoghi, a parte un paio di buone intuizioni e di movimenti di camera estrosi non ci sono cose belle da guardare, solo un uomo azzerato dal lutto che invece che andare in terapia si allena e medita la distruzione totale delle gang. A cosa bisogna aggrapparsi?

Voto:

4/10
4/10