Ci sono casi in cui nemmeno gli attori riescono a salvare una serie tv mediocre ed altri in cui invece la valorizzano al punto di farti dimenticare difetti ed esagerazioni. E questo è il caso di The Diplomat che arrivata alla terza stagione spinge l’acceleratore sul piano del thriller-politico dalle venature fortemente soap, ma riesce a mantenere la barra dritta e una sua complessiva coerenza, grazie alla magistrale interpretazione di Keri Russel affiancata da un magnetico Rufus Sewell, da un’impeccabile Allison Janney e da un Bradley Withford chiamato forse più per fare quell’effetto nostalgia di The West Wing che è tanto utile sui social, ma che è sempre di una bravura mostruosa. Difficile non immaginare una candidatura ai prossimi Emmy almeno per gli attori.

The Diplomat, da dove si riparte?
Questa recensione di The Diplomat vuole essere assolutamente libera da spoiler, quindi non vi racconterò quali risvolti vi aspettano nelle 8 puntate disponibili su Netflix. Quello che si può dire è che ovviamente tutto riparte dal finale della seconda stagione con la morte del Presidente e quindi inevitabilmente la vicepresidente Grace Penn che viene nominata Presidente. L’ambasciatrice Kate Wyler e il marito Hal continuano a dar sfoggio delle loro abilità politiche mettendosi a servizio degli Stati Uniti, ma al tempo stesso devono affrontare anche le loro questioni matrimoniali.
La terza stagione da un lato completa gli eventi della seconda e nella seconda parte apre nuove prospettive e lancia la quarta stagione. La strutturazione in 8 puntate in questo è perfetta perché permette di dare il giusto spazio e respiro ad entrambe le fasi, al contrario della precedente seconda stagione da 6 puntate, che era risultata un po’ frettolosa e mozzata.

Scenari globali e intimi
The Diplomat è una serie tv che cerca un difficile e precario equilibrio tra la componente del thriller politico e quella della tipica prime-time soap dei primi anni 2000 di ABC, con protagoniste femminili che hanno una loro carriera e ambizioni personali ma che non disdegnano mai la ricerca dell’amore e della figura maschile. Non è un caso se la creatrice Debora Cahn ha lavorato a Grey’s Anatomy, Private Practice, Homeland, tutte serie tv di cui si può ritrovare traccia all’interno di The Diplomat.
Il ritmo serrato e teso delle dinamiche politiche, dei piani segreti, ogni tanto viene rallentato dalla componente soap, dalla necessità di inserire l’anima romantica della serie, anche quando potrebbe sembrare fuori contesto. Due anime che si intersecano nei vari protagonisti ma che in fondo aiutano a non dimenticarsi mai che anche i politici hanno una loro vita privata oltre i vari incontri istituzionali e le crisi da risolvere. Questo aspetto è particolarmente marcato nella seconda parte di stagione quando, dopo aver assestato la situazione a seguito degli eventi della precedente, si riparte con un nuovo elemento di rottura.
The Diplomat è un buon intrattenimento, una serie tv con una protagonista dalla lingua veloce e dal pensiero fino, con una protagonista adorabilmente instabile, elettrica, frenetica, l’ideale per mantenere il ritmo serrato e convulso della serie. Per quanto funzionerebbe anche con 13-15 puntate e rilascio settimanale, è una serie tv che invoca il binge watching complici i colpi di scena che ti spingono a non interrompere quel continua a guardare.
Summary
The Diplomat è una serie tv che invoca il binge watching complici i colpi di scena che ti spingono a non interrompere quel continua a guardare.
Voto:
7/10