La New York di fine ‘800 è pronta ad accogliere nuovamente il pubblico mostrando pregi e difetti della sua Gilded Age. La serie di Julian Fellow è arrivata alla sua terza stagione disponibile con rilascio settimanale ogni domenica su HBO e il lunedì su Sky Atlantic, NOW e ovviamente comodamente on demand, in Italia, dal 23 giugno. Guardando tutti gli episodi in anteprima (grazie a Sky/HBO e Warner) è risultato subito evidente come siamo davanti alla miglior stagione di The Gilded Age.
The Gilded Age 3 spicca il volo
Uscendo finalmente e definitivamente dall’ombra di Downton Abbey e da quel tentativo di ricalcarne la formula tra ricchi e domestici, The Gilded Age ha trovato la sua strada, giocando su contrasti societari diversi, parlando di amore, di impresa, di fallimenti, di lotte per il potere, di questione razziale. I Russell, guidati dagli straordinari Carrie Coon (più da nomination per questo ruolo che per White Lotus) e Morgan Spector, sono il motore narrativo delle vicende ma non solo al centro della scena. Non c’è una famiglia che prevale ma la serie scivola su un’armoniosa danza di racconti tra personaggi che incarnano i tanti elementi di quel periodo, perfettamente concatenati l’uno all’altro.
La forza della lunga serialità
Senza fare spoiler sui diversi eventi, quello che si può dire è che la terza stagione aiuta a mostrare e dimostrare per l’ennesima volta come la lunga serialità che dura per anni, che sviluppa i personaggi negli anni, ha una forza maggiore rispetto a una serialità mordi e fuggi che dura il tempo di un binge watching. Perché permette di esplorare varie facce di un personaggio, permette di farli crescere, di cambiare e al pubblico di affezionarsi. Come nel caso di Gladys Russell che ha uno degli archi narrativi più interessanti per il ruolo che la madre, sempre più affamata di peso e potere sociale, ha intenzione di darle e la sua difficoltà a inserirsi in un mondo che non conosce.
In questa terza stagione ha sempre più spazio anche l’aspetto più imprenditoriale e lavorativo di questi ricchi che si comportano come nobili, ma non sono i nobili di un tempo per cui il lavoro era le gestione delle terre. George Russel è un uomo spietato sul lavoro per quanto sia più amorevole in una casa in cui non ha potere, lasciata totalmente in mano a una moglie che gestisce tutto come il suo regno personale, portando avanti una propria agenda. Ma sono proprio quei principi familiari e umani di George che finiranno per svuotare quella stessa casa. Un’aristocrazia imprenditoriale che traccia il percorso che ha portato allo sviluppo degli Stati Uniti contemporanei, in cui tutti hanno le stesse opportunità e anche un cameriere può diventare un imprenditore con le giuste qualità.
The Gilded Age tra attori e personaggi
Crescita ed evoluzione dei personaggi che è decisamente cruciale in casa Van Rhijn dove Agnes interpretata da una Christine Baranski in stato di grazia, ha perso tutto ma non sa come perdere il potere e soprattutto non vuole perdere la sua dignità. L’apparenza è tutto nella New York di fine ottocento, dove anche senza social, ognuno ha un’immagine da rispettare e chi è fuori, chi per qualche ragione si trova a deviare dal percorso prescelto, diventa un paria, escluso da tutto e da tutti, senza potere, senza identità. La terza stagione di The Gilded Age è impreziosita da guest star come Merritt Wever, Bill Camp e Phylicia Rashad, tutte perfette nel dare un’ulteriore sfumatura ai personaggi con cui interagiscono.
In questa terza stagione, inoltre, finalmente prende più spazio una riflessione razziale, offrendo uno sguardo su quel mondo aristocratico degli afro-americani in cui chi è nato in schiavitù, come il padre di Peggy, non viene considerato pari da chi è nato in libertà.
The Gilded Age 3 è un affresco di una società del passato che parla al presente, alle differenze sociali e di classe, all’incapacità di accettare l’altro, alla foga imprenditoriale che è pronta a travolgere gli ultimi, all’ansia sociale.
Summary
The Gilded Age 3 è un affresco di una società del passato che parla al presente, alle differenze sociali e di classe, all’incapacità di accettare l’altro, alla foga imprenditoriale che è pronta a travolgere gli ultimi, all’ansia sociale.
Voto:
9/10