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The Last Black Man in San Francisco, solo l’affetto e la libertà contano – La recensione del film su Netflix

The last black man in San Francisco

Cura, famiglia, sogni, traumi, amicizia. Tutto questo e molto altro è The Last Black Man in San Francisco, pellicola statunitense del 2019 diretto e prodotto da Joe Talbot, al suo debutto alla regia. La sceneggiatura è di Talbot, che l’ha scritta in collaborazione con Rob Richert e Jimmie Fails. Proprio alla vita di quest’ultimo il film è parzialmente ispirato. Questa pellicola era il sogno nel cassetto di Talbot e Fails: i due lo volevano realizzare da quando erano adolescenti.

The Last Black Man in San Francisco è stato presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival nel gennaio del 2019, per poi essere rilasciato nei cinema statunitensi nel giugno dello stesso anno, distribuito da A24.Production e prodotto da Plan B Entertainment, Longshot Features e Mavia Entertainment. É disponibile su Netflix dal 22 dicembre 2022, e si meriterebbe un posto nella Top Ten di Netflix.

The last black man in San Francisco, la trama e il cast

Jimmy e Mont sono amici per la pelle. Jimmy ha la passione per lo skate, un passato e una vita familiare molto difficile e un’unica fissazione: una casa a San Francisco che era della sua famiglia, che sostiene essere addirittura stata costruita dal nonno a metà del Novecento, e che è stata persa da suo padre negli anni Novanta. Vi è talmente legato che anche se la casa adesso appartiene ad altre persone lui ogni giorno si reca in città per sistemarla, in compagnia ovviamente di Mort. Mort, dal canto suo, lavora in una pescheria, scrive sceneggiature e opere teatrali e disegna. Entrambi vivono a casa del nonno di Mort.

Tutto cambia quando la casa dei desideri viene svuotata, per questioni di eredità. Apparentemente abbandonata. Potrebbero volerci anni. I due ragazzi decidono di occuparla, andando addirittura a recuperare i mobili del nonno di Jimmy. Qualcosa, però, va storto. San Francisco sta cambiando velocemente, tutto viene gentrificato. Il mercato immobiliare fiorisce, lasciando da parte i precedenti abitanti di quei quartieri prima tanto schifati e ora ambitissimi. La morte di un amico fa da catalizzatore a tutte le tensioni, e delle scelte difficili sono all’orizzonte.

Il cast

Jimmie Fails interpreta se stesso. Jonathan Majors è il sensibile e creativo Mont Allen, che non lascia mai il suo fianco. Danny Glover è il nonno Allen, che li ospita di buon grado a casa sua. Tichina Arnold interpreta Wanda Fails, mentre Rob Morgan è James Sr. Finn Wittrock è Clayton Newsom, Jamal Trulove è Kofi. Nel cast anche Isiain Lalime e Jordan Gomes.

La recensione di The last black man in San Francisco

Quanto siamo disposti a mentire, agli altri e a noi stessi, per rimanere sani di mente? Per illuderci che qualcosa ci spetti di diritto? Per fabbricare una speranza che non esiste. A volte è il mondo a chiuderci in una scatola, in una sagoma, in una stanza. A volte però lo facciamo noi stessi. Ci incaponiamo. Pensiamo di non avere altre possibilità. Questo è quello che fa Jimmy, silenzioso e testardo. Ultimo di una stirpe di uomini con il suo nome. Per lui, quella casa è un simbolo, una cosa che gli spetta di diritto. Senza di lei, si sente strappato della sua identità più profonda, ed è per questo che tutti i giorni della sua vita la accudisce, la cura. La cura per la casa lo ha salvato da un destino di droghe e di strada. Questo, perlomeno, è quello che crede.

Storia diversa è Mont. Sempre con i suoi sandali e calzini, matita dietro l’orecchio e quaderno rosso con l’elastico. Anima gentile, che non pensa male di nessuno e in silenzio e con un sorriso vede la complessità umana e reale che troppo spesso sfugge, invece, a Jimmy. The last black man in San Francisco è un film delicato, sfumato, dolcissimo, che non mette in secondo piano la questione razziale e sociale ma che riempie di malinconia e di tenerezza. Bello da vedere, da sentire e da pensare. Consigliatissimo, voto 8.5.

Il trailer