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Vostro Onore, la conferenza stampa della serie Rai remake di Your Honor

Vostro Onore le dichiarazioni dalla conferenza stampa della serie di Rai 1 con Stefano Accorsi, remake della israeliana Kvodo.

Per la fiction Rai il 2022 è l’hanno dei remake di serie tv molto popolari. Dal 28 febbraio 2022 su Rai 1 debutterà Vostro Onore, remake della serie israeliana dal titolo Kvodo, da cui è nata anche una serie tv di Showtime con Bryan Cranston (Breaking Bad), Your Honor in inglese. In seguito arriverà Noi, remake della nota This Is Us.

La serie, composta da 4 episodi, è scritta da Donatella Diamanti, Laura Grimaldi, Paolo Piccirillo, Gianluca Gloria e Mario Cristiani, ed è prodotta da Indiana Production e Rai Fiction. La serie andrà in onda ogni lunedì su Rai 1, dal 28 febbraio per quattro settimane. Alla conferenza erano presenti, Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction; Fabrizio Donvito co-ad di Indiana Production, il regista Alessandro Casale e il protagonista Stefano Accorsi.

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Vostro Onore – Le dichiarazioni dalla conferenza stampa

Quello che la produzione ha voluto subito puntualizzare è che Vostro Onore è un remake della serie israeliana Kvodo e che quando il gruppo di sceneggiatori composto da Donatella Diamanti, Laura Grimaldi, Paolo Piccirillo, Gianluca Gloria e Mario Cristiani ha iniziato a lavorare alla serie, quella americana non era ancora uscita.

Vostro Onore, racconta Donatella Diamanti: “è una trasposizione di una storia molto potente, di un tema potente, di cosa è disposto a fare un padre per proteggere un figlio” nella versione israeliana c’era anche la componente territoriale che giovava un forte ruolo identitario, quindi il lavoro di trasposizione in Italia: “è stato tanto tematico, quanto tecnico. Quello che ci piaceva era accostare due tipi di criminalità entrambi esistenti ma diverse. Abbiamo scelto un tipo di criminalità chiassosa, becera e violenta come quella dei latino, da accostare quella silente della camorra” con tutte le conseguenze che ne derivano quando queste due caratteristi che si scontrano.

Sulle complessità dell’adattamento, Fabrizio Donvito, co-AD di Indiana Production ha dichiarato: “ogni serie ha le proprie complessità, qui c’era una grande scommessa, visto che il format era stato adattato anche in altri Paesi. Lo vedrete, non è un remake, è un adattamento totale, come si può fare da un libro, e qui è stato riscritto completamente, in base alla nostra cultura e alle nostre leggi… C’è l’Italia, c’è il nostro essere e questa è stata la fase più difficile.

Concetto affermato anche dal regista Alessandro Casale: “era la prima volta che avevo in mano una serie da solo, da plasmare. Ho visto un episodio della serie originale, ma non mi sono fatto ispirare. L’abbiamo ambientata in una Milano apparentemente priva di violenza, ma serpeggiante. Sono stato abbastanza pignolo, lavorando soprattutto sui personaggi. La storia c’era, si trattava di farla girare nella maniera giusta, lavorando con gli attori in un certo modo, gli adulti e la linea teen importante, e siamo riusciti a mettere in scena una realtà credibile… La violenza non è manifesta ma è sotto traccia.”

Anche Stefano Accorsi non aveva visto il materiale originale: “Io non avevo visto la serie israeliana e quando ho ricevuto i copioni non era disponibile quella americana. L’ho trovato un progetto interessante, perchè porta il pubblico a chiedersi: cosa farei io? Io c’ho pensato… credo che l’istinto primordiale di un genitore sia quello di salvare la vita del figlio. Un padre che ha costruito una vita in assenza, pensando solo al lavoro, che ha a che fare con l’etica, la giustizia, la morale, per un caso della vita, si trova a dover spazzare via tutto in un attimoIo non so cosa farei. I copioni erano molto efficaci dall’inizio, la volontà era quella di fare un prodotto diverso, all’interno di un contesto che è quello Rai. Ma non abbiamo fatto una cosa che sia in conflitto con quello che esiste, quindi abbiamo realizzato una storia inclusiva che possa essere compresa dal grande pubblico.”

Sulla percezione popolare della figura del giudice, e sul ruolo della serie nel migliorare o peggiorare questa percezione, Accorsi sostanzialmente dice che non è un problema di cui dovevano occuparsi: “noi prendiamo un personaggio all’apice della carriera e lo proiettiamo in un dilemma profondissimo. E’ un meccanismo drammaturgico, ma quando inizia la sua caduta, non lo giustifichiamo mai dal punto di vista legale…”