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Le serie tv flop del 2019, le delusioni dell’anno seriale

Serie Tv flop del 2019 le delusioni dell’anno da The OA a What/If da Emergence a Caterina la Grande

L’incremento esponenziale del numero di serie tv realizzate ogni anno, se da un lato rende complicato seguire tutto e realizzare le classifiche dei prodotti più interessanti (ma nonostante tutto ci siamo riusciti), porta anche a delle serie tv flop clamorose, prodotti che era meglio evitare, buchi nell’acqua rumorosi e clamorosi.

Sempre con l’ovvia premessa che parliamo da un punto di vista soggettivo, di chi su questo sito vi racconta le serie tv, abbiamo provato a fare il punto sui prodotti più deludenti del 2019, serie tv che abbiamo iniziato e poi abbandonato, altre che abbiamo proseguito e avremmo preferito non farlo, prodotti flop durati così poco da essere presto dimenticati. Evitando di fare una classifica abbiamo deciso di suddividere in “blocchi” di delusioni le serie tv flop del 2019.

Le clamorose

  • BH90210 (FOX/inedita): il sorprendente ritorno estivo di Beverly Hills 90210 è anche una clamorosa delusione. La serie evento in 6 episodi, brutalmente cancellata da Fox senza alcuna possibilità di appello, è una serie tv confusa che punta solo e soltanto sull’effetto nostalgia creando un mix tra realtà e finzione incomprensibile e superfluo. Se l’idea poteva funzionare in un formato comedy da 20 minuti, trasformato in drama con venature tra il thriller e la soap si sgonfia rapidamente. Gli attori interpretano loro stessi ma in versioni esagerate, più vicine ai loro personaggi, mentre tentano di riportare in vita Beverly Hills. La finzione che diventa realtà, che diventa finzione. Ma il gioco di specchi e riflessi si spezza rapidamente.
  • Caterina la Grande (HBO/Sky Atlantic): l’accoppiata tra i due gruppi sulle due sponde dell’Atlantico è sempre sinonimo di qualità, da Chernobyl a Euphoria da Game of Thrones a Veep, HBO e Sky tornano spesso nelle classifiche delle migliori serie dell’anno e del decennio. Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco. Catherine the Great nonostante il cast, l’opulenza e le maestranze coinvolte rientra tra i flop clamorosi dell’anno. Una stanca soap regale, ambientata alla corte di Caterina, più concentrata sulle dinamiche amorose che su quelle politico-culturali. Tremenda la scelta del cast: per quanto bravi vedre la 74enne Helen Mirren interpretare l’imperatrice trentenne con dialoghi sui “ragazzi e i giovani” è alquanto imbarazzante e svilente per l’intelligenza di chi guarda.
  • Designated Survivor 3 (ABC/Netflix): dopo due stagioni trascorse su ABC tra alti e bassi, cambi di showrunner, liti di Kiefer Sutherland, in cerca di una sua strada, la serie tv sul “presidente per caso” dopo una tragedia, viene salvata da Netflix dopo la cancellazione. Ma la piattaforma di streaming invece di rafforzarne la struttura narrativa grazie a un limitato numero di episodi, evitando le “crisi di puntata” da far affrontare al Presidente, precipita la serie in uno stanco e banale racconto elettorale, senza mistero, senza pathos, senza carica politica. Un buco nell’acqua non a caso immediatamente cancellato.
  • Hanna (Amazon Prime Video): tanto rumore per nulla, Hanna assomiglia a un compito in classe ben fatto ma senz’anima, cui si può prendere sei perchè magari non ci sono errori di grammatica ma in cui non c’è una tesi, non c’è la personalità di chi l’ha scritta. Una serie che vuole accontentare tutti ma finisce rapidamente nell’angolo degli oggetti inutili del cervello.
  • The OA 2 (Netflix): la prima stagione di The OA ha diviso il pubblico tra chi ne ha amato l’assurda complessità, il folle sviluppo e chi l’ha odiata per le stesse identiche ragioni. La seconda stagione è così superflua che Netflix ha pensato bene di cancellare la serie senza dare un vero e proprio finale, anzi chiudendola con un clamoroso cliffangher. Roba che ha riportato alla mente quando i canali generalisti facevano serie tv mystery con finale aperto cancellandole dopo la prima stagione. Una serie cult ma più per una cerchia di giornalisti/blogger/influencer che per gli spettatori (altrimenti avremmo avuto una terza stagione). Continuare a insistere nei meandri dell’assurdo, della sorpresa forzata senza dar vita a una storia vera e propria non ha aiutato la serie.

I “ma perchè”

  • Chambers (Netflix): Uma Thurman doveva essere il faro che illuminava (e attirava il pubblico) ma nemmeno lei è bastata a salvare un flop conclamato, certificato e forse mai messo in discussione.
  • What/If (Netflix): la serie che segna una svolta tombale sulla carriera di Renee Zellweger imbottita di plastica e dal volto quasi paralizzato dal botox, una serie tv esagerata, da cui ci si aspettava qualcosa di più che un semplice mystery drama
  • Dickinson (Apple Tv+): la premessa di rendere pop e divertente la vita di Emily Dickinson si scontra con un insieme di banalità che non strappano risate, davvero superflua
  • A confession (ITV): quello che parte come un classico crime inglese, teso e con un sempre ottimo Martin Freeman, sbrodola in uno stanco melodramma personale

Sprechi generalisti – Serie Tv Flop

  • Stumptown (ABC/Fox): l’obiettivo di ABC con questa serie era dichiarato, riconquistare il primato sul pubblico femminile attraverso un crime-procedurale contemporaneo, per il momento però, anche se la serie sarà magari rinnovata grazie a fattori altri oltre gli ascolti, l’obiettivo appare fallito. La serie con Cobie Smulders tenta di alzare l’asticella con un personaggio scorretto e anticonvenzionale, una sorta di Jessica Jones edulcorata ma finisce per entrare nei soliti schemi non trovando una ragione per emergere nel vasto mare della serialità.
  • Emergence (ABC/Fox): Alison Tollman è la protagonista di questo mystery drama fortemente voluto da ABC per quella riconquista del pubblico femminile di cui parlavamo qui sopra. Il tentativo di replicare il fascino dei mystery del passato annacquati da elementi drammatici e familiari, si scontra con una trama piatta e che profuma di già visto
  • Whiskey Cavalier (ABC/Premium Crime): flop clamoroso, ancor più per i nomi coinvolti. Lauren Cohan e Scott Foley dovevano rappresentare la nuova coppia capace di far innamorare gli spettatori ma la chimica tra i due non scatta e il tentativo di creare un procedurale divertente si incastra nella ripetitività della formula e delle battute. Peccato perchè poteva rappresentare il salto di qualità per Cohan fuori dal mondo di Walking Dead.
  • The Passage (Fox/Fox): dopo una lunga lavorazione, la serie tv tratta dal romanzo di Justin Cronin doveva raccontare un mondo travolto dalla presenza di una sorta di vampiri la cui unica speranza era una bambina, la dinamica “paterna” tra l’agente chiamata a proteggerla e quella horror non convincono facendo naufragare l’operazione.
  • The Fix (ABC/Canale 5): The Fix può essere l’emblema di un modo di costruire le serie tv da generalista superato e destinato costantemente a fallire a meno di clamorosi miracoli. L’idea di far fare una serie a Marcia Clark procuratrice del caso O.J. Simpson che ricalcasse più o meno da vicino lo stesso caso poteva funzionare sulla carta ma la resa è più da fiction di serie B, da film tv di Lifetime che da serie destinata a conquistare il pubblico.
  • Almost Family (Fox): il punto interrogativo dell’anno. Adattamento di una serie australiana, Almost Family racconta di un uomo, un medico esperto in fertilità femminile che per lanciare la sua società ha usato il proprio sperma per diverse donne. L’emergere dello scandalo porta la sua unica figlia a conoscere fratelli e sorelle che non sapeva di avere. La formula da comedy mischiato con il drama resta nel limbo imperfetto di chi non sa scegliere una strada incorrendo così in una doppia critica su entrambi i fronti.
  • Bluff City Law (NBC): ancora? un legal drama spento e completamente superfluo il cui primo episodio non ha nemmeno la voglia di essere un pilot.
  • Sunnyside/Perfect Harmony (NBC): le comedy NBC spiccano e spiccavano per il loro tentativo di differenziarsi dagli altri, da quelle più familiari a quelle “con gruppo di amici”, questo doppio tentativo sembra più un passaggio a vuoto quasi da anno di transizione in attesa di migliori fortune.