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Sirens su Netflix, la recensione: una miniserie che divide in cui il cast è il vero punto di forza

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Su Netflix è arrivata la miniserie Sirens con Julianne Moore, Kevin Bacon, Meghann Fahy creata da Molly Smith Metzler sulla base di un suo spettacolo teatrale. Una miniserie che ci ha profondamente spaccato a metà tra chi ha detestato la serie, la sua struttura narrativa e chi invece le ha apprezzate. Il bello dell’intrattenimento è anche questo, la diversità delle opinioni che possono suscitare le opere.

Questa è la sinossi ufficiale di Netflix, utile prima di lanciarsi nei due diversi commenti: Devon pensa che la sorella Simone abbia una relazione davvero inquietante con la sua nuova capa, l’enigmatica e mondana Michaela Kell. Lo stile di vita lussuoso ed esclusivo di Michaela è come una droga per Simone e Devon ha deciso che è arrivato il momento di intervenire, ma non immagina nemmeno che tipo di formidabile avversaria sia Michaela. Raccontata nell’arco di un esplosivo fine settimana nella sontuosa tenuta dei Kell su un’isola, Sirens è una rappresentazione incisiva, sexy e venata di umorismo nero delle donne, del potere e delle classi sociali.

Sirens
Cr. Macall Polay/Netflix © 2025
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L’antieroina imperfetta e il cast sono la forza di Sirens

In 5 episodi da Binge watching, Sirens conduce lo spettatore tra le crepe dell’alta società americana, con quel sapore da The White Lotus ma anche echi di Big Little Lies: dietro le lussuose ville vista oceano si muovono rivalità, colpi bassi e sorelle perdute. Non tutto è come sembra, e ogni personaggio ha qualcosa da nascondere, tra famiglie che crollano sotto il peso dei segreti, e personaggi emblematici che esercitano un’attrazione magnetica, portando chi le circonda a compiere scelte autodistruttive.

Oltre all’ottima performance di Julienne Moore (sempre pazzesca in ogni ruolo, in quello di Michaela ancor di più) e Kevin Bacon (azzeccatissimo nei panni di Peter), Sirens è, finalmente, il primo meritatissimo ruolo da protagonista per la bravissima Meghann Fahy, che personalmente ho adorato per anni nella serie The Bold Type e apprezzato nella seconda stagione di The White Lotus (nonostante non mi abbia convinta). Qui interpreta egregiamente Devon, sorella ferita e combattiva, con lo sguardo sempre un passo avanti e un passato difficile sulle spalle, spalle sulle quali porta da sempre, e da sola, il peso delle colpe degli altri. Devon è una (anti)eroina stropicciata: si prende carico di tutti, vive il peso delle scelte altrui, lotta con le cicatrici di una famiglia disfunzionale e con una sorella che sembra averla dimenticata.

È imperfetta, emotivamente scomposta, ma non molla mai. E forse proprio per questo si empatizza con lei, perché è una che (r)esiste. Il titolo, Sirens, intreccia simbolismo mitologico e metafore contemporanee – tra potere femminile e percezione sociale – ognuno troverà in esso un suo significato. Una cosa è chiara, questa serie dividerà e non piacerà a tutti: è elegante e disturbante, dove ogni sorriso è una lama e ogni personaggio nasconde un crollo imminente. Da vedere se amate le serie che raccontano il potere con toni taglienti, famiglie instabili e donne complesse che imparano a salvarsi da sole. Voto 7 – Giorgia Di Stefano

Sirens
Sirens Cr. Macall Polay/Netflix © 2025

Sirens, una miniserie improvvisata

Da poco più di un anno mi sono avvicinato al fantastico mondo dell’improvvisazione teatrale, una forma di recitazione che vive di storie costruite all’istante, sul momento e che non vengono mai ripetute una seconda volta, proprio perché improvvisate. Basta uno spunto, una parola, un luogo, un oggetto per dar vita a storie letteralmente uniche ma che possono anche prendere derive folli, inaspettate. Sirens, la miniserie nata da uno spettacolo teatrale di Molly Smith Metzler (e in passato aveva realizzato Maid), mi ha lasciato la sensazione di trovarmi davanti a una storia improvvisata.

Cambi di tono improvvisi, passaggi tra generi dalla commedia al dramma, dal distopico, alla critica sociale, personaggi che appaiono all’improvviso, parole che si intrecciano e si sovrappongono e una generale fretta di concludere tutto quando si sta per arrivare verso la fine con accelerazioni tipiche di una scena improvvisata in 10 minuti. Di base Sirens vuole essere una critica sarcastica, ironica, al mondo degli estremamente ricchi e del fascino che esercitano sugli altri. Ma è anche una storia di sorellanza e solidarietà femminile.

Un’operetta con varie parti in scena, con il controcanto fatto dai vari domestici che commentano quanto succede ma non possono parlare di nulla perchè vincolati dagli accordi firmati con l’inquietante Michaela (interpretata da Julianne Moore che è palesemente a caccia di premi). Sirens è una miniserie che rientra nella categoria di quelle che ti fanno domandare “ma in queste 5 ore non potevo guardare altro? magari qualcosa che duri più di 5 ore e mi permetta di affezionarmi, appassionarmi a qualche storia?” O forse questo sono soltanto io. Dare un voto è difficile perché da un punto di vista tecnico e recitativo non si può dire nulla a questa miniserie, ma da quello della storia e ciò che mi ha suscitato la reazione è ben diversa. Mi rifugio in un 6 politico – Riccardo Cristilli.

  • Giorgia Di Stefano - 7/10
    7/10
  • Riccardo Cristilli - 6/10
    6/10

Voto:

6.5/10
6.5/10

Pro

Una cosa è chiara, questa serie dividerà e non piacerà a tutti: è elegante e disturbante, dove ogni sorriso è una lama e ogni personaggio nasconde un crollo imminente.

Contro

Una serie improvvisata, con cambi di tono improvvisi, mutazioni tra i generi, una fretta eccessiva nell’arrivare alla risoluzione, un weekend frenetico che sembra una vita

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