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Recensione For All Mankind, la seconda stagione dal 19 febbraio su Apple TV+

Recensione For All Mankind, stagione 2. La storia alternativa partita dallo sbarco sulla Luna ritorna con nuovi elementi riscrivendo la storia, tra guerre, una nuova società e una nuova evoluzione dell’uomo.

Oggi, venerdì 19 febbraio, su Apple TV+ debutta la seconda stagione di For All Mankind, a più di un anno dal rilascio della prima, dopo che la produzione della serie ha subito uno stop a causa della pandemia. Il metodo di rilascio è lo stesso delle altre serie, almeno in questo periodo di carenza di contenuti per il servizio, un episodio a settimana per dieci settimane.

La seconda stagione è composta da 10 episodi ed è prodotta dal noto Ronald D. Moore, noto per aver creato il cult Battlestar Galactica, ed è stata rinnovata per una terza stagione che sarà disponibile nel 2022 sempre su Apple TV+. Ecco un trailer della seconda stagione:

La Trama

La storia riprende un decennio dopo la conclusione della prima stagione, siamo nel 1983, in un periodo di tensioni tra gli Stati Uniti e l’URSS. Ronald Reagan è Presidente e ci troviamo in un periodo in cui le grandi ambizioni scientifiche e di esplorazione dello spazio sono minacciate da un conflitto tra superpotenze per controllare le risorse scoperte sulla Luna. Il dipartimento della Difesa adesso è anche all’interno di Mission Control della Nasa, dando inizio a un processo di militarizzazione dell’agenzia spaziale che troverà i protagonisti a doversi schierare, tra chi è a favore e chi no.

Recensione For All Mankind, stagione 2 – La nostra prima impressione

La seconda stagione di For All Mankind ci catapulta negli anni ’80 descrivendo un mondo condizionato dal “peccato originale” della serie che forse in molti dimenticano. Infatti la serie tv Apple di Ronald D. Moore non è una descrizione della realtà ma racconta un mondo leggermente distorto dal fatto che i primi ad aver messo i piedi sulla Luna sono stati i sovietici e non gli americani. Così è interessante scoprire le piccole divergenze nella storia che questo ha comportato inserite per lo più all’inizio di ogni puntata, con una ricostruzione della storia alternativa particolarmente accurata. In parallelo ci sono anche i grandi cambiamenti portati dalla corsa al primato spaziale, realizzati con una cura del particolare e del dettaglio invidiabili.

Ma la serie è fondamentalmente un dramma umano, di come le persone si interfacciano al programma spaziale della NASA, come vi prendono parte, come contribuiscono al suo sviluppo e soprattutto come la loro vita è condizionata dal loro lavoro. Una componente umana che bilancia i riferimenti scientifici, le parti spaziali, rendendo la serie adatta a tutti appassionati del genere o meno. In For All Mankind si riscontra quel difetto che è tipico di tutta la serialità Apple e che è poi la natura stessa dell’azienda, quel sentirsi superiori, perfetti, invincibili ma al tempo stesso quel voler essere usabili e fruibili da tutti pur essendo un prodotto “di lusso”. E alla fine rischiano così di risultare a tratti un po’ freddi, come se fosse difficile penetrarli a pieno, entrarvi completamente dentro. Voto 7 Riccardo Cristilli

L’idea che sta alla base della serie, che è molto più chiara in questo nuovo ciclo di episodi, è realizzare un grandissimo “what if“, cosa che rende la serie uno sci-fi. Una storia alternativa che da una semplice variazione degli eventi porta la storia dell’uomo e della sua evoluzione, in una retta parallela rispetto a quello che conosciamo, con sostanziali modifiche dal punto di vista scientifico, e soprattutto, in quello sociale. Un obiettivo ambizioso, che richiede tempo, pazienza e passione. In For All Mankind i valori che stanno alla base dello studio dello spazio, inteso come un investimento necessario e giustificato dal progresso tecnologico sulla Terra, li ritroviamo nella serie in carne ed ossa.

For All Mankind per certi versi rappresenta quel rinnovamento di un genere che usa la storia per arrivare al presente, un presente diverso da quello che conosciamo perchè il mondo è cambiato prima rispetto alla nostra realtà, in cui probabilmente si commettono gli stessi errori in un contesto completamente opposto. Ci sono due sottogeneri che For All Mankind riesce a mescolare, creando un buon ibrido: lo sci-fi puro in cui di solito troviamo l’uomo già evoluto: con navicelle spaziali e tecnologie impossibili e inimmaginabili; e poi c’è il racconto storico che funge più da omaggio alle imprese e ai sacrifici del passato, come i film sullo sbarco sulla Luna, o la storia dei Mercury 7 che di recente è stata trattata in The Right Stuff su Disney+, storie in cui la componente umana è protagonista. Qui, invece, abbiamo elementi da entrambi quei sottogeneri, con un equilibro che spesso andrebbe ricalibrato, ma che è una condizione accettabile per assistere e far parte di un lungo viaggio da percorrere insieme ai protagonisti. Voto 8 Davide Allegra.

Il cast

Nella stagione torneranno i protagonisti della prima: Joel Kinnaman, Michael Dorman, Sarah Jones, Shantel VanSanten, Wrenn Schmidt, Jodi Balfour, Krys Marshall e Sonya Walger.  A questi si aggiungono Cynthy Wu, Coral Peña e Casey W. Johnson.

Recensione For All Mankind, stagione 2. La storia alternativa partita dallo sbarco sulla Luna ritorna con nuovi elementi riscrivendo la storia, tra guerre, una nuova società e una nuova evoluzione dell'uomo.Recensione For All Mankind, la seconda stagione dal 19 febbraio su Apple TV+