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Sanctuary, recensione di un film interessante e seducente

Non capita spesso di dirlo, di questi tempi. Ed è bene conservarselo per i film che lo meritano: Sanctuary (titolo italiano completo: Sanctuary – Lui fa il gioco. Lei le regole), diretto da Zachary Wigon e scritto da Micah Bloomberg, vi stupirà. Il film, nelle sale cinematografiche dal 25 maggio distribuito da I Wonder Picture, è prodotto da Rumble Films e Mosaic Films. Alcuni hanno parlato di commedia romantica: non è esattamente così. Sarebbe più corretto parlare di thriller psicologico, e ancora forse non sarebbe esatto: ve lo lasciamo scoprire da soli. Disclaimer: non adatto ai deboli di cuore o a chi si imbarazza facilmente davanti a tematiche sessuali.

Sanctuary la trama: una storia di manipolazione e perversione

Hal è l’erede dell’impero alberghiero paterno. Si tratta di una bella responsabilità e lui non è convinto di essere adatto al ruolo, anche perché è cresciuto all’ombra del padre. Patologicamente insicuro e tendente all’autocommiserazione, gli piace pagare Rebecca per essere umiliato da lei, con delle tecniche di dominazione che studia nei minimi dettagli. É infatti lui stesso a fornire alla ragazza, che lo fa di mestiere, interi copioni che lei deve limitarsi a recitare e che si dimostrano sempre estremamente efficaci.

Dopo la recita, però, Hal cerca di licenziarla. Dice che non può permettere che in azienda si scopra questo suo vizietto, e che quella è l’ultima volta in cui si sono visti. Rebecca protesta, e cerca di ricattarlo. Si scatenerà un gioco di ricatti, manipolazioni, attrazioni e repulsioni estremo, che non si sposta dalla camera d’hotel di Hal ma che ci porta in luoghi oscuri della psiche umana. Il finale è una sorpresa e uno sbuffo incredulo, tutto insieme.

Sanctuary una storia particolare girata in modo particolare

Prima di raccontarvi cosa ne abbiamo pensato noi, vi facciamo spiegare dalle parole del regista il modo in cui ha girato il film, ipnotico e seducente quasi quanto la storia stessa. Zachary Wigon ha infatti dichiarato: “Dal punto di vista tecnico, non vedevo l’ora di girare il film per via della sfida stilistica e visiva che avrebbe rappresentato raccontare la storia di due persone chiuse in un luogo per 90 minuti. La premessa narrativa imponeva certi vincoli visivi e mi intrigava scoprire come avrei potuto affrontarli. Ero certo che, dal punto di vista narrativo, il film sarebbe stato interessante, vista la solidità del copione e la bravura degli attori, ma all’inizio non sapevamo ancora se sarebbe stato possibile far sembrare il film un vero film e non le riprese di un’opera teatrale.”

“Due idee mi hanno aiutato ad affrontare la questione. Una è stata quella di dividere il film in capitoli e dare a ognuno di essi uno stile visivo leggermente diverso, sì, ma abbastanza da renderlo distintivo – al punto non da farlo stridere con gli altri capitoli, ma da far capire al pubblico un palpabile cambio di atmosfera. L’altra è stata quella di scegliere in quali momenti spingere al limite le possibilità della camera ai fini di un espressionismo stilistico – ad esempio, a un certo punto, la cinepresa si inverte su Hal, poi si gira sottosopra su Rebecca, zooma e torna normale. Con i movimenti di macchina si possono esprimere tante cose e se sono in sintonia con il ritmo della storia e delle interpretazioni, l’espressionismo visivo può stare al servizio della performance in maniera interessante“.

Sanctuary la recensione, un film che gratta le sinapsi

Finita la parte tecnica, veniamo al punto: siamo di fronte a un film conturbante, a cui si continua a pensare per ore dopo essere usciti dalla sala. Un film interessante, che ti si infila nel cervello in modo subdolo e che fa fatica ad andarsene. Gli interpreti, bravissimi, aiutano. Se si riesce a superare l’imbarazzo e il vero e proprio disagio delle scene un po’ spinte (ma non nel modo in cui si potrebbe pensare, il sesso in questa pellicola è tutto ricoperto da una patina viscida, umiliante, melliflua: il sesso è potere ed è deviazione umana, usato come arma e come cura), Sanctuary stupisce e addirittura diverte, e si configura come un film che porta all’estremo una domanda di una precisione devastante: cosa succederebbe se non fingessimo mai di essere quello che non siamo, anzi usassimo segreti, pulsioni, tensioni e debolezze nella nostra vita di tutti i giorni, per decidere il ruolo che vogliamo assumere nel mondo? Ultima cosa: prima di entrare il sala lasciate indietro ogni tipo di tabù, non è per tutti.

Il trailer

Il cast

Niente di più semplice di parlare del cast di questo film, formato solamente da due persone: Margaret Qualley (che abbiamo visto in Maid e C’era una volta a… Hollywood) interpreta da dominatrice e ricattatrice Rebecca. Christopher Abbott (Comma 22, Possessor, Girls) è il remissivo Hal.

Sanctuary, recensione di un film interessante e seducente al cinema dal 25 maggio

La recensione

Se si riesce a superare l’imbarazzo e il vero e proprio disagio delle scene un po’ spinte (ma non nel modo che pensate voi, il sesso in questa pellicola è tutto ricoperto da una patina viscida, umiliante, melliflua: il sesso è potere ed è deviazione umana, usato come arma e come cura), Sanctuary stupisce e addirittura diverte.

 

Voto:

8/10
8/10