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Netflix: L’accordo con Mediaset, l’indagine fiscale, i buoni risultati in UK e la concorrenza

Netflix tra buone e brutte notizie: l’accordo con Mediaset, l’indagine fiscale in Italia, i buoni risultati nel Regno Unito, tutto in un contesto concorrenziale che si complica.

Secondo delle indiscrezioni del sito americano Bloomberg, Netflix e Mediaset avrebbero siglato un accordo per la produzione di sette film originali co-finanziati da Mediaset e Netflix. Le due aziende non hanno commentato la notizia, ma pare che l’annuncio ufficiale dell’accordo, e eventuali dettagli, arriveranno martedì 8 ottobre, quando Reed Hasting (Ad di Netflix) sarà a Roma per un evento.

I dettagli dell’accordo non sono stati rivelati dalla fonte, sappiamo però che un accordo del genere ha senso per Netflix che sta puntando molto sui mercati internazionali (fuori dagli USA quindi), che sono la miniera d’oro per il servizio e soprattutto sono quei mercati in cui la concorrenza non è ancora così forte come negli Stati Uniti. Lì infatti Netflix dovrà affrontare il debutto di servizi streaming come Apple (1 novembre) e Disney+ (12 novembre), più HBO Max e Peacock che debutteranno nella prima parte del 2020. A questo ovviamente si aggiunge la famosa quota del 30% di contenuti europei che Netflix e gli altri operatori devono raggiungere entro il 2020.

In Italia Netflix ha già delle produzioni originali, acquisizioni e da qualche hanno ha presentato dei film al Festival di Venezia. I clienti in Italia sono ancora meno di due milioni, ma c’è margine di crescita che giustifica l’investimento di circa 200 milioni di euro in produzioni originali per i prossimi anni.

Per quanto riguarda Mediaset invece, Pier Silvio Berlusconi aveva già anticipato delle trattative in con Netflix, e Amazon, alla presentazione dei palinsesti Mediaset di luglio. “Con Netflix e Amazon abbiamo conversazioni e un buon rapporto” ha detto l’ad di Mediaset: “non vediamo Netflix come un nemico perchè il loro modello di business non è basato sulla pubblicità“. Se le trattative con Amazon hanno portato al rilascio della serie tv Made In Italy prima su Amazon Prime Video (qui i dettagli), quelle con Netflix hanno portato a questo accordo, che bisogna capire se si riferisce a film per la televisione o film tramite la controllata Medusa da far uscire anche al cinema.

L’indagine della Guardia di Finanza in Italia

Non solo buone notizie per Netflix in Italia. Il servizio streaming pare sia sotto indagine da parte della Guardia di Finanza italiana perchè Netflix non ha mai presentato dichiarazioni dei redditi in Italia, quindi non ha mai pagato tasse.

Nel dettaglio pare che la Guardia di Finanzia stia verificando se sussiste il presupposto di “stabile organizzazione materiale” che costringerebbe il servizio streaming americano a pagare le tasse anche in Italia. Netflix infatti non ha una sede legale in Italia, ma la sede per i paesi EMEA (Europa, Medio Oriente e Asia) è in Olanda.

Ma il presupposto che si sta verificando è che Netflix in Italia si appoggia comunque a delle infrastrutture tecniche (i server) che permettono di distribuire i suoi contenuti ai clienti italiani. Sarebbe quindi il caso in cui un’azienda straniera ha una sede, occulta o meno è da verificare, attraverso la quale esercita “in tutto o in parte la sua attività”.

La replica di Netflix però è secca: “Netflix sta lavorando a stretto contatto con le autorità fiscali italiane. Paghiamo tutte le imposte dovute in Italia e in altri paesi del mondo. Inoltre, Netflix investe milioni di euro in produzioni italiane, contribuendo così a creare posti di lavoro e a sostenere la comunità creativa locale.

Non è il primo caso in cui le multinazionali americane hanno subito controlli da parte del fisco italiano. Già di recente Facebook, Google, Amazon e Apple hanno stretto accordi che hanno portato nelle casse dello Stato circa 5.6 miliardi di euro in totale. Di certo il caso di Netflix è molto più piccolo in termini di ricavi. Secondo una stima di Comparitech, Netflix in Italia avrebbe circa 1.4 milioni di abbonati.

Una situazione abbastanza curiosa se pensiamo che da qui potrebbe uscire un’informazione succosa per gli osservatori. A oggi infatti non sappiamo se Netflix in Italia opera in utile o in perdita e questa indagine probabilmente è più volta a scoprire questo.

Netflix in UK sta crescendo, ma ha paura della concorrenza

Torniamo alle buone notizie, l’azienda ha comunicato che nel Regno Unito, uno dei mercati più grandi in Europa, i profitti dell’azienda sono cresciuti del 37% nell’ultimo anno. L’azienda che nel Regno Unito ha investito moltissimo in produzioni di alto profilo come The Crown, e altri originali come Sex Education e altri 50 produzioni originali in corso.

Nel Regno Unito, secondo delle stime, Netflix avrebbe circa 10 milioni di abbonati. Per quanto riguarda i risultati del 2018, i ricavi nel Regno Unito sono stati 48 milioni di euro, in crescita rispetto ai 26.9 milioni di euro nel 2017. L’utile invece è salito a 2.34 milioni, rispetto ai 1.5 milioni del 2017.

Nell’annuncio il servizio streaming ha messo le mani avanti, avvisando il mercato che la crescita della concorrenza, anche nel Regno Unito con Britbox (il servizio streaming dei canali inglesi), potrebbe minare questa crescita.

Gli operatori principali dell’intrattenimento, come i canali in chiaro e gli operatori internet, e gli e-commerce stanno aumentando la loro presenza nel mercato dei video on-demand. Molte di queste aziende hanno una lunga esperienza nell’intrattenimento e hanno anche i mezzi finanziari e le risorse marketing necessarie. Possono ottenere migliori condizioni dai fornitori, prevedere importi inferiori nel costo degli abbonamenti… Se Netflix non sarà in grado di competere con successo contro questi operatori… Netflix potrebbe smettere di crescere o fallire nel mantenere questa quota di mercato, gli stessi ricavi e gli stessi profitti.” Ha spiegato l’azienda nella nota che accompagnava i dati.

Insomma, tra la questione fiscale e la concorrenza, sia negli USA che in Europa, Netflix ha davanti a se una strada in salita, una pendenza a cui l’azienda non era abituata, se consideriamo che essendo la prima, ha trovato un terreno fertile e non coltivato che gli ha permesso di diventare l’azienda che è oggi.